Fondo nuove competenze

Fnc

Fondo nuove competenze. Le attività del 2022 nel segno della semplificazione

Istituito nel 2020 dal decreto-legge n. 34, articolo 88, il Fondo nuove competenze (FNC) ha concluso la sua prima sperimentazione nel giugno 2021. Il finanziamento dedicato era di 730 milioni di euro.

Lo strumento – pubblico e cofinanziato dal Fondo sociale europeo – è nato per contrastare gli effetti economici dell’epidemia Covid-19, permettendo alle imprese di adeguare le competenze dei lavoratori attraverso la destinazione di parte dell’orario alla formazione. Ha suscitato particolare interesse presso le imprese (e i consulenti del lavoro che le accompagnano nell’utilizzo della misura); è, infatti, uno strumento di politica attiva destinato a supportare le realtà produttive in ottica di prevenzione. (continua…)

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I nuovi ammortizzatori sociali

IntegrazioneSalariale

L’INPS rinforza le indicazioni sugli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro

Vale la pena soffermarsi sulle disposizioni del decreto c.d. “Sostegni ter” – dl 27 gennaio 2022, n. 4 – circa i trattamenti di integrazione salariale in favore dei datori di lavoro operanti in specifici settori di attività, sui quali la circolare Inps n. 18 del 1° febbraio 2022 ha, in apertura, chiarito che gli aggiornamenti normativi producono effetti sulle richieste di trattamenti per i quali l’inizio della riduzione/sospensione dell’attività lavorativa si colloca a partire dal 1° gennaio 2022.

Dal che deriva che la nuova norma non trova applicazione per le richieste che riguardano periodi plurimensili, a cavallo degli anni 2021-2022, in cui la riduzione/sospensione dell’attività lavorativa sia iniziata nel corso del 2021, ancorché proseguita nel 2022.

Un tema toccato dall’Istituto investe i lavoratori destinatari delle integrazioni salariali. Ampliando la platea, la Legge di Bilancio 2022 estende la CIGO, la CIGS, i Fondi di solidarietà bilaterali e il FIS anche ai lavoratori a domicilio e agli apprendisti e riduce da 90 a 30 giorni l’anzianità minima di effettivo lavoro che i lavoratori devono possedere per beneficiare dell’integrazione. (continua…)

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Tutto il lavoro nella Legge di Bilancio 2022

Legge di Bilancio 2022

 

Legge di Bilancio 2022

Riforme strutturali si intrecciano con misure di rilievo per il lavoro e le politiche sociali nella Manovra 2022.

La legge più importante dell’anno, la n. 234/2021, c.d. “Legge di bilancio per il 2022”, offre un mucchio di opportunità cominciando dagli ammortizzatori sociali, riformati; proseguendo con la gestione delle crisi aziendali, il rilancio dell’apprendistato formativo, i tirocini extracurriculari, la riforma anche della sicurezza sui luoghi di lavoro. Spazio ai giovani e alle donne, con interventi mirati di protezione del lavoro, contrasto alla delocalizzazione, riforma del Reddito di Cittadinanza, dispositivi per la non autosufficienza.  La legge di bilancio introduce modifiche sostanziali al regime di tassazione dei redditi delle persone fisiche (Irpef) andando a modificare alcuni art. (11-13) del Tuir, ma considerata la particolarità dell’argomento, sarà oggetto di un successivo approfondimento. 

Un ventaglio di regole che cambia, se non stravolge, l’assetto normativo attuale.

Ammortizzatori dal 2022

Centrale è la riforma degli ammortizzatori sociali – intesi “in costanza di lavoro” o in sua assenza – che interviene sulle disomogeneità per contrapporvi un rassicurante giusto grado di “equità generale” del sistema, realizzando una loro universalizzazione e razionalizzazione che fronteggi le trasformazioni, governi le instabilità del mercato del lavoro e supporti le transizioni occupazionali, pur nella differenziazione delle tecniche protettive per captare le dinamiche dei diversi settori produttivi.

Come più volte affermato dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, non si dovranno verificare casi di lavoratori esclusi dal sistema di protezione sociale, sia esso rinnovato o semplicemente fortificato.

La riforma mira al completamento del processo di universalizzazione delle tutele, pur nel quadro di una differenziazione delle tecniche protettive che consente di cogliere la strutturale elasticità delle dinamiche dei diversi settori produttivi e attraverso la piena applicazione del principio assicurativo nei meccanismi di tutela.

E’ stata avvertita l’esigenza di rafforzare il collegamento tra erogazione dei trattamenti di integrazione salariale e formazione professionale e politiche attive.

Assistiamo, con la Legge n. 234/2021, all’estensione della platea dei beneficiari degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro (CIGO e CIGS), che porta ad includere nel sostegno al reddito tutti i lavoratori subordinati, compresi coloro al cui attivo contribuisce solo una minima anzianità di lavoro (anche apprendisti e lavoratori a domicilio).

L’estensione corrisponde a 12,4 milioni di lavoratori, in tal modo suddivisi: 9,9 milioni di dipendenti di aziende cui viene concessa la CIGS; 1,5 milioni di lavoratori i cui datori occupano fino a 5 dipendenti, ai quali viene per la prima volta riconosciuto l’assegno ordinario del FIS; 1 milione di lavoratori cui viene riconosciuto l’assegno ordinario del FIS in affiancamento alla CIGS.

Sono contemporanei l’aumento del quantum del sostegno, l’introduzione di durate differenziate per dimensione aziendale e le tutele offerte ai lavoratori delle imprese di piccole dimensioni (da 1 a 15 dipendenti). Continuano a gestire le integrazioni salariali, in modo esclusivo, i Fondi bilaterali esistenti.

Il Legislatore decide, poi, di estendere il campo di applicazione della CIGO, attraverso il FIS (Fondo di Integrazione Salariale), alle imprese non coperte dalla Cassa integrazione guadagni ordinaria, che non aderiscono o non costituiscono Fondi di solidarietà bilaterali. La CIGS viene, a sua volta, estesa a tutti i datori di lavoro con più di 15 dipendenti che non accedono ai Fondi di cui agli artt. 26, 27 e 40 del d.lgs. n. 148/2015, senza alcuna distinzione settoriale.

La riorganizzazione aziendale può essere chiesta anche per realizzare processi di transizione; viene rafforzato il contratto di solidarietà con aumento delle percentuali di riduzione dell’orario di lavoro (dal 60% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà, si passa all’80%) e introdotto l’accordo di transizione occupazionale per governare i processi di transizione nel mercato e prevenire la disoccupazione, teso a dare ulteriore sostegno agli addetti di aziende con più di 15 dipendenti nelle transizioni occupazionali. In definitiva, si concedono fino a 12 mesi complessivi di CIGS aggiuntivi.

In sede di procedura di consultazione sindacale, dovranno essere definite le azioni finalizzate alla rioccupazione o all’autoimpiego, pena la decadenza della prestazione di integrazione salariale per esclusiva responsabilità del lavoratore.

I lavoratori interessati dai 12 mesi di CIGS aggiuntiva accedono al programma GOL. Si riconosce all’impresa che assume a tempo indeterminato una persona in CIGS, derivante dal nuovo strumento dell’accordo di transizione occupazionale, un incentivo economico corrispondente a un contributo mensile del 50% dell’ammontare CIGS, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore (il contributo non può essere erogato per più di 12 mesi). Restano ferme tutte le prerogative vigenti dei Fondi di solidarietà bilaterali.

La copertura obbligatoria dei Fondi bilaterali è assicurata anche ai datori di lavoro che occupano da 1 a 5 dipendenti. Ferma la possibilità di erogare prestazioni integrative, i Fondi devono stabilire prestazioni di durata almeno pari ai trattamenti di integrazione salariale, a seconda della soglia dimensionale dell’impresa e della causale invocata. Per i Fondi bilaterali alternativi resta il principio dell’obbligatorietà della contribuzione e viene introdotta una specifica previsione che richiede la regolarità del versamento contributivo ai predetti Fondi quale condizione per il rilascio del DURC. Il FIS continua a erogare anche prestazioni in via residuale, coprendo tutti i datori di lavoro non rientranti nella CIGO o nei Fondi bilaterali (anche le micro imprese del terziario, cioè i datori che occupano almeno un dipendente). La CISOA viene estesa ai lavoratori del settore della pesca per periodi diversi da quelli di sospensione dell’attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio e non obbligatorio.

Altro capitolo riformato riguarda l’intervento sugli ammortizzatori sociali in assenza di lavoro, sostanzialmente su due piani: l’alleggerimento dei requisiti soggettivi e il potenziamento del sussidio economico. Con riferimento alla NASPI, i requisiti di accesso sono ora meno rigidi: salta quello dei 30 giorni lavorativi per accedere all’indennità di disoccupazione. Circa il quantum, si posticipa la decorrenza del décalage (scatta dall’ottavo mese per i disoccupati over55) e si introduce un trattamento di maggior favore per i lavoratori che in ragione dell’età hanno più difficoltà a reinserirsi nel mercato del lavoro. Questa indennità viene estesa ad alcune tipologie di operai agricoli a tempo indeterminato. Si potenzia anche l’indennità di disoccupazione per i lavoratori coordinati e continuativi (DIS-COLL): se ne innalza la durata massima, garantendo un numero di mesi di beneficio pari ai mesi di contribuzione versata; si posticipa la decorrenza del décalage; si riconosce la contribuzione figurativa.

Formazione professionale dal 2022

Sulla formazione professionale si sceglie il rinforzo dei Fondi Paritetici Interprofessionali nella formazione dei lavoratori in cassa integrazione. Tali Fondi possono finanziare piani formativi di incremento delle competenze dei lavoratori destinatari di integrazioni salariali in costanza di rapporto. Simili iniziative possono essere cofinanziate dalle Regioni nell’ambito delle rispettive misure di formazione e politica attiva del lavoro. E’ stabilito il rimborso del versamento (art. 1, c. 722, l. 190/2014), previo monitoraggio dei percorsi formativi realizzati in favore dei lavoratori in cassa integrazione, ai Fondi Interprofessionali che finanziano i predetti piani formativi.

Politiche attive dal 2022

Il tema delle politiche attive viene toccato in più ambiti, ad esempio per i lavoratori destinatari di CIGS. Il programma GOL è esteso ai lavoratori in CIGS con accordo di transizione occupazionale. Vengono promossi patti territoriali per governare le transizioni occupazionali. Concessi incentivi all’assunzione di lavoratori in CIGS con accordo di transizione occupazionale; riconosciuto un contributo monetario al datore di lavoro che assume un lavoratore in CIGS con accordo di transizione occupazionale; possibilità di assumere lavoratori in CIGS con accordo di transizione occupazionale in apprendistato professionalizzante senza limiti di età.

I lavoratori autonomi beneficeranno parimenti di vantaggi nelle politiche attive: estensione del programma GOL per i lavoratori autonomi che chiudono la partita IVA; implementazione dello sportello del lavoro autonomo presso i Centri per l’impiego; promozione di convenzioni tra CPI, ordini professionali e associazioni di rappresentanza del lavoro autonomo al fine di formare all’autoimprenditorialità e promuovere le transizioni occupazionali nel lavoro autonomo e professionale.

Incentivi all’occupazione dal 2022

La Legge di bilancio prevede che l’esonero contributivo già dedicato alle stabilizzazioni dei giovani under36 sia riconosciuto alle imprese che assumono a tempo indeterminato lavoratori, a prescindere dai limiti di età, di aziende per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione delle crisi aziendali presso la struttura per la crisi d’impresa. Consiste nell’azzeramento (sgravio del 100%) dei contributi per 36 mesi (3 anni), entro un limite di 6mila euro annui.

Lungo tutto il 2022, per i contratti di apprendistato formativo di primo livello per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, stipulati nell’anno, è riconosciuto ai datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove, uno sgravio contributivo del 100 per cento con riferimento alla contribuzione dovuta, per i periodi contributivi.

Sempre in ambito incentivi all’occupazione, gli interventi legislativi operati con la Legge n. 234/2021 danno specifico sostegno alla costituzione di cooperative di lavoratori, al fine di garantire la continuità produttiva e i livelli occupazionali delle imprese: i lavoratori che dal gennaio 2022 costituiscono società cooperative (c.d. “operazione di workers buyout”) sono esonerati dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro nel limite massimo di 6000 euro. Inoltre, è previsto il riconoscimento – ai lavoratori in CIGS con accordo di transizione occupazionale che costituiscono una cooperativa a seguito di un’operazione di workers buyout – di un contributo monetario.

La ridefinizione delle politiche attive del lavoro interessa anche gli under 29: ai Centri per l’impiego vengono assegnate risorse per attività connesse all’attuazione delle sopraccitate politiche in favore dei giovani di età compresa tra i 16 e i 29 anni, non occupati né inseriti in un percorso di studio o formazione (Neet).

Un percorso virtuoso ha seguito il sostegno all’occupazione femminile con:

parità di genere. Viene incrementato di 50 milioni di euro il Fondo per il sostegno della parità salariale di genere, ampliandone le finalità di impiego e prevedendo che sia destinato al sostegno della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche attraverso la definizione di procedure incentivanti le imprese che assicurino la parità di genere; il Fondo consentirà di finanziare i meccanismi premiali a favore delle imprese, anche quelle con meno di 50 addetti, previsti dalla legge sulla parità salariale (L. n. 162 del 2021), che ha introdotto la certificazione della parità di genere. Inoltre, è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo per le attività di formazione propedeutiche all’ottenimento della certificazione di parità di genere, con una dotazione di 3 milioni di euro per l’anno in corso;

sostegno alla maternità per le lavoratrici autonome e in collaborazione coordinata e continuativa, commercianti, artigiane ed imprenditrici agricole. Viene incrementato di 3 mesi, a partire dal terzo mese dopo il parto, il periodo di percepimento dell’indennità di maternità nel caso in cui il reddito della richiedente sia, nell’anno precedente la domanda, inferiore a 8.145 euro;

in via sperimentale, per l’anno 2022, nella misura del 50%, l’esonero per un anno del versamento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato a decorrere dal rientro nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità e per un periodo massimo di un anno dalla data del predetto rientro. Resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

Viene rifinanziato il Fondo sociale (incremento, per il 2022, di 350 milioni di euro; 300 milioni di euro dal 2023 al 2026), al fine di dare corpo ad importanti interventi di sostegno al reddito: le indennità per il fermo pesca obbligatorio e non obbligatorio; le misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti delle imprese del settore dei call center; l’esonero contributivo per le società in procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria con determinate caratteristiche; la proroga CIGS e mobilità in deroga in favore dei lavoratori delle imprese operanti in aree di crisi industriale complessa; l’integrazione delle misure di sostegno al reddito in favore dei lavoratori dipendenti dalle imprese del Gruppo Ilva; l’incremento delle risorse destinate ai percorsi formativi di apprendistato e di alternanza scuola-lavoro.

Hanno un peso, tra le altre, le misure volte a promuovere la responsabilità sociale delle imprese e il dialogo sociale nella gestione di crisi industriali che prevedano la chiusura di una sede o struttura autonoma da parte di datori di lavoro rientranti in una determinata soglia dimensionale. Le grandi aziende, non in crisi, con almeno 250 addetti, che intendono chiudere sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo situato in Italia, licenziando non meno di 50 persone, sono tenute a una comunicazione, almeno 90 giorni prima delle procedure di recesso collettivo, a Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Anpal, Regioni, organizzazioni sindacali. Entro 60 giorni, l’azienda predispone un piano per limitare le ricadute occupazionali e delineare gli interventi di politica attiva finalizzati a garantire il ricollocamento dei lavoratori coinvolti e la valorizzazione degli asset industriali (i lavoratori interessati al piano potranno accedere alla Cigs e agli strumenti di politica attiva del lavoro). Il mancato rispetto di tale minuziosa procedura comporterà la nullità del licenziamento e l’obbligo di versamento, da parte del datore di lavoro, del doppio del contributo di licenziamento.

Dulcis in fundo, la Legge più importante dell’anno dispone l’ulteriore estensione del contratto di espansione alle imprese di minore dimensione (prorogato fino al 2023). Nel contempo, ne amplia il campo di applicazione inserendo pure le imprese con almeno 50 addetti, anche calcolati complessivamente nelle ipotesi di aggregazione stabile di imprese con un’unica finalità produttiva o di servizi. Perciò, come le altre, le imprese con almeno 50 addetti potranno: far uscire personale a non più di 60 mesi dalla pensione (vecchiaia o anzianità); ridurre l’orario dei lavoratori impiegati utilizzando fino a 18 mesi di CIGS anche non continuativi; per gli tutti gli altri addetti non interessati dalle uscite, prevedere una riduzione oraria (che può arrivare anche fino al 100%); programmare nuove assunzioni (1 ogni 3 uscite per imprese con organico superiore a mille dipendenti; per le imprese di dimensioni inferiori sarà l’accordo collettivo a definire il rapporto entrate/uscite).

Misure, tutte, in vigore dal 1° gennaio.

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Fondi paritetici interprofessionali

 

Fondi Paritetici Interprofessionali

Disciplina e funzionamento dei Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione

I Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione, brevemente “Fondi Interprofessionali”, sono organismi di natura associativa promossi dai sindacati dei datori di lavoro e dei lavoratori (Parti Sociali), alla cui base sta un meccanismo che prevede che le imprese versino lo 0,30% della busta paga di ogni dipendente quale “contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria”. La somma viene accantonata dall’INPS, per poi essere utilizzata dalle aziende che fanno esplicita richiesta di aderire ad un Fondo Interprofessionale ai fini della formazione dei propri dipendenti.

Poggiano sulla Legge n° 845 del 1978, che istituiva il mutuo soccorso per sussidio di disoccupazione. Questo primo contenitore normativo ha previsto che lo 0,30% sia destinato alla formazione dei dipendenti (contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria – art. 25 della Legge n. 845/1978).

Ventidue anni dopo ha dato un secondo importante contributo dispositivo la Legge n°388 del 2000, stabilendo il diritto di ogni azienda di scegliere la destinazione di quel 30%: lasciarlo allo Stato? aderire ad un Fondo Interprofessionale per la formazione continua? Se l’azienda aderisce ad un fondo, potrà poi rivolgervisi per finanziare la formazione continua dei propri lavoratori.

Ne regolamenta il funzionamento la circolare ministeriale (Lavoro e Politiche Sociali) n°36 del 2003.

Nel 2018, gli «Indirizzi per l’emanazione di Linee Guida sulla gestione delle risorse finanziarie attribuite ai fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua di cui all’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000 n. 388» approvati da ANPAL, hanno evidenziato l’urgenza di predisporre Linee Guida per la correzione di criticità normative sui fondi.

In linea generale, si aderisce ad un Fondo interprofessionale attraverso un professionista, consulente del lavoro o commercialista, che comunicherà l’adesione attraverso la piattaforma digitale dell’INPS. Nella procedura di denuncia UniEmens (ex DM/10) o DMAG, il professionista inserirà – all’interno della sezione dedicata ai Fondi (per non dirigenti o dirigenti) – il codice relativo al fondo prescelto, indicando anche il numero di dipendenti.

Attenzione, però: se l’azienda ha intanto aderito ad altro fondo sarà necessaria la revoca, prima inserendo il codice “REVO” per revocare il vecchio fondo poi aderendo al nuovo. Questo passaggio comporta la perdita delle risorse accantonate fino a quel momento ma, se effettuata apposita richiesta, le risorse sono trasferibili dal vecchio al nuovo fondo.

Aderire ad un Fondo è scelta libera e gratuita, non comporta costi per l’azienda né per i lavoratori; usufruirne è un diritto.

Ora la pratica. Qual è il meccanismo dei fondi?

Ogni impresa versa la percentuale dello 0,30% della busta paga di ogni dipendente (a partire dalla Legge n. 148 del 2011, le attività formative sono rivolte anche a lavoratori con contratti di apprendistato); facendo richiesta di adesione ad un Fondo interprofessionale, essa può destinare al dipendente il proprio accantonato.

Ciascun fondo stabilirà poi un sistema di regole con cui le aziende possono avere restituiti i contributi sotto forma di formazione continua ai propri lavoratori. Il Fondo Paritetico Interprofessionale potrà, quindi, proporre alle aziende di partecipare a piani formativi monoaziendali o interaziendali (con altre imprese). Potrà anche decidere se dare ad ogni azienda quanto essa ha versato (modello “conto formazione”) o indire bandi di gara in cui qualsiasi azienda può fare richiesta di contributo indipendentemente dal suo versato (modello “conto sistema”).

Nel dettaglio, le opportunità che gli strumenti di finanziamento per la formazione offrono in Italia sono molteplici. Di seguito.

Conto Formazione

Con il “Conto Formazione” l’azienda finanzia la formazione utilizzando le risorse accantonate con i versamenti derivati dallo 0,30% dei dipendenti. Il Fondo Interprofessionale trattiene una percentuale variabile per i costi di gestione e per il finanziamento degli avvisi. Il Conto Formazione avvantaggia le aziende più grandi (più dipendenti = più versato).

Conto Sistema (sostanzialmente avvisi)

Con gli avvisi, viceversa, si partecipa ad un bando. Le aziende che fanno richiesta di partecipazione e rispettano i vincoli dell’avviso, possono presentare un progetto che sarà soggetto a valutazione qualitativa da parte del fondo. Tramite gli avvisi, l’azienda (o il gruppo di aziende) per finanziare la formazione può (possono) ricevere importi superiori a quanto ha (hanno) accantonato.

Tra i requisiti e i vincoli alla partecipazione ad un avviso, la definizione della platea di aziende beneficiarie e delle tematiche accettate è il più comune. Ne derivano avvisi territoriali (rivolti ad un territorio specifico, ad es. regioni o macroregioni); avvisi settoriali, che si rivolgono ad aziende specifiche di un settore produttivo, e (modalità classica) avvisi generalisti, che non pongono particolari limiti di partecipazione e permettono l’inserimento di temi basici come l’informatica e l’inglese.

Va da sé che ogni avviso ha le proprie specificità rispetto alle aziende (PMI, aziende in stato di crisi, etc) e ai dipendenti (apprendisti, over 50, donne, etc) che possono partecipare.

I progetti finanziati destinati ad una sola azienda sono detti monoaziendali (è, in definitiva, la modalità più “semplice” di fruizione, perché l’azienda ne beneficia direttamente in sede). Il progetto che, viceversa, riunisce i fabbisogni di due o più aziende, è detto pluriaziendale o interaziendale.

(e Voucher)

Alcuni Fondi Interprofessionali mettono a disposizione, attraverso specifici avvisi, la possibilità di acquistare corsi a catalogo, seminari, formazione online con il “voucher formativo”, che consente all’azienda di sovvenzionare al dipendente la partecipazione anche a corsi esterni aperti al pubblico (es. Master o corsi di specializzazione).

Il panorama delle opportunità per l’azienda è, come finora dimostrato, ampio. Plurime sono pure le fonti normative che rendono l’impianto solido, benché in questo ambito risulti necessario seguire chirurgicamente le fasi di predisposizione degli strumenti di finanziamento, in particolare degli avvisi.

Evolution skills, affianca le aziende che hanno veramente capito quanto sia importante la formazione per essere competitivi nel mercato in cui si opera.

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Sospensione dell’attività imprenditoriale – lavoro irregolare – decreto fiscale

Sospensione Imprenditoriale

Lavoro irregolare, nel decreto fiscale approccio repressivo. Cosa cambia per i datori?

Con il decreto fiscale operativo dal 22 ottobre 2021, il Governo ha messo in opera un piano d’azione che ha modificato alcune norme del caposaldo rappresentato dal TUSL (Testo unico della salute e sicurezza sul lavoro, D. Lgs. n. 81/2008). Norme fondamentali come l’art. 14, contenente le disposizioni sul provvedimento cautelare di sospensione dell’attività imprenditoriale, che è stato riscritto.

Ogni intervento legislativo ha una ratio, qui rinvenuta nella volontà di contrastare le assunzioni irregolari, così garantendo l’integrità psico-fisica dei lavoratori.

Il nuovo art. 14 del D. Lgs. n. 81/2008 – come riscritto dal Capo III (Rafforzamento della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro), art. 13 del decreto fiscale n. 146/2021 – inserendo novità sui profili istituzionali della materia prevenzionistica, impone l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale in tutti i casi in cui venga accertata una tra le seguenti situazioni nell’azienda ispezionata:

  • impiego “in nero” in misura pari o superiore al 10% ((in precedenza 20%) del totale dei lavoratori occupati. La nuova aliquota va calcolata sul totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro al momento dell’ispezione;
  • violazioni gravi delle norme contenute nell’Allegato I del D. Lgs. n. 81/2008, non più anche “reiterate” (perciò, dal 22 ottobre 2021 il datore di lavoro rischia la sospensione commettendo anche solo per la prima volta una delle violazioni).

E’ ora univoca* (l’Allegato I è stato aggiornato) l’individuazione delle gravi irregolarità presupposto per l’adozione del provvedimento interdittivo.

Quali gli ambiti applicativi?

Soggettivamente, il provvedimento interdittivo è destinato ai datori di lavoro che rivestono la qualifica di imprenditore ai sensi del Codice civile (artt. 2082, 2083).

L’adozione del provvedimento cautelare de quo è, invece, affidata al personale ispettivo dell’INL (la cui competenza viene significativamente estesa a tutti i settori produttivi); al personale delle ASL competenti per territorio, con il limite della accertata presenza sui luoghi di lavoro di gravi violazioni in materia di salute e sicurezza, non anche della presenza di lavoratori irregolari; al Comando provinciale dei Vigili del Fuoco, con competenza esclusiva e limitata alle violazioni in materia di prevenzione incendi.

In particolare, la competenza dell’INL in ambito prevenzionistico era, “ante decreto”, semplicemente concorrente, in materia di: attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile; lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei; attività lavorative comportanti rischi elevati.

Sull’efficacia spaziale, l’Esecutivo ha circoscritto gli effetti del provvedimento alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalla violazione, che sia una sua unità produttiva o un cantiere, ecc.

Ma – altro elemento di assoluta novità – la sospensione potrà essere ulteriormente limitata: pur potendo proseguire l’attività, i lavoratori individualmente coinvolti nella mancata formazione (e addestramento) e nella violazione e mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto, dovranno essere sospesi dal lavoro.

E’, vieppiù, noto che l’approvazione del decreto fiscale ha scongiurato l’adozione di provvedimenti diretti al patrimonio o alla posizione previdenziale del lavoratore, che quindi mantiene intatti i suoi diritti.

L’efficacia temporale segue due corsie: se l’adozione deriva dall’ipotesi di lavoro irregolare, il provvedimento decorre dalle ore 12:00 del giorno lavorativo successivo (vale a dire il giorno di apertura dell’ufficio che ha emanato il provvedimento) a quello in cui è stato adottato; se, invece, l’adozione proviene da violazioni di norme prevenzionistiche, l’efficacia del provvedimento sarà immediata.

Durante il periodo di sospensione dell’attività è fatto divieto all’impresa di contrattare con la Pubblica amministrazione.

Quali le sanzioni?

L’intervento del Legislatore ha rimodulato anche le ammende pecuniarie, per cui dal 22 ottobre 2021 chi non osserva il provvedimento interdittivo viene punito con:

l’arresto fino a sei mesi, se sospeso per violazioni prevenzionistiche;

l’arresto da tre a sei mesi o la multa da 2.500 a 6.400 euro, se sospeso per lavoro irregolare.

L’importo dovuto viene raddoppiato ove nei cinque anni precedenti l’impresa abbia già subìto un provvedimento di sospensione (resta salva anche l’applicazione di sanzioni penali, civili ed amministrative).

La ripresa dell’attività produttiva seguirà necessariamente, oltreché il pagamento della somma di cui sopra, il ripristino delle regolari condizioni di lavoro.

 

Nota *

tabella

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