INCREMENTO DEL CONTRIBUTO ADDIZIONALE NASPI A VALERE SUI RINNOVI DEI CONTRATTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO

Il c.d. Decreto Dignità ha introdotto alcune modifiche al contratto a tempo determinato. In particolare, oltre ad aver ridotto a 12 mesi la durata massima del contratto a tempo determinato a-causale, ha previsto l’aumento del contributo addizionale che finanzia la NASpI, dovuto dai datori di lavoro, nella misura dello 0,50%, in occasione di ciascun rinnovo del contratto di lavoro a tempo determinato. (continua…)

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CONTRATTO A TERMINE DOPO I CHIARIMENTI DEL MINISTERO DEL LAVORO

Il 31 ottobre scorso il Ministero del Lavoro ha emanato la Circolare n. 17, con la quale ha fornito i primi chiarimenti in merito all’applicazione delle nuove disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato e di somministrazione di lavoro, introdotte dal Decreto Dignità (DL n. 87/2018), così come convertito in legge. (continua…)

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LE NOVITA’ IN SINTESI CON LA CONVERSIONE DEL DECRETO DIGNITA’

Con L. 96/2018, pubblicata sulla G.U. n. 186 dell’11 agosto 2018, è stato convertito in legge il D.L. 87/2018 (il c.d. Decreto Dignità): si riassumono i principali interventi in materia di lavoro.

Modifica alla disciplina del contratto a tempo determinato Articolo 1

Il contratto a termine vede riscritti importanti passaggi della propria disciplina, con l’introduzione di nuovi limitazioni nel suo utilizzo, sia nella fase genetica del rapporto sia nelle successive fasi di proroga o rinnovo.

Innanzitutto, con l’articolo 1, D.L. 87/2018, modificando l’articolo 19, comma 1, D.Lgs. 81/2015, viene ridotto a 12 mesi il limite di durata massima del contratto a tempo determinato. Per poter stipulare contratti di durata superiore, comunque nel limite massimo di 24 mesi, è necessario essere in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;

esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

In base alla disciplina previgente, il limite di durata massima del contratto a termine era pari a 36 mesi, senza mai la necessità di giustificare l’assunzione con causali.

In sede di conversione, mediante l’aggiunta del nuovo comma 1-bis, all’articolo 19, D.Lgs. 81/2015, si precisa che in caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a 12 mesi, in assenza delle condizioni di cui al comma 1, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di 12 mesi.

In virtù, poi, di quanto previsto all’articolo 1, lettera b), comma 1, D.L. 87/2018 (che modifica l’articolo 21, D.Lgs. 81/2015, con l’introduzione del comma 01), tali giustificazioni si rendono necessarie anche quando il contratto viene rinnovato, a prescindere dalla sua durata iniziale (dal tenore della norma, non vi è alcuna precisazione su quali rinnovi rientrino in tale obbligo). Viceversa, si prevede che la proroga sia libera nei primi 12 mesi, mentre superato complessivamente tale limite, si rendono necessarie le giustificazioni.

In sede di conversione, si è specificato che anche in questo caso l’assenza delle condizioni determina la trasformazione in un contratto a tempo indeterminato.

Contestualmente, intervenendo sull’articolo 19, comma 2, D.Lgs. 81/2015, viene abbassato a 24 mesi anche il limite massimo per sommatoria tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale.

Rimangono escluse da tale limite le attività stagionali e le disposizioni in deroga previste dalla contrattazione collettiva, di qualunque livello, purché siglata da sindacati comparativamente più rappresentativi (articolo 51, D.Lgs. 81/2015).

L’introduzione delle causali ha richiesto la revisione anche delle disposizioni relative alla forma del contratto: con una modifica all’articolo 19, comma 4, D.Lgs. 81/2015, si richiede che l’atto scritto, in caso di rinnovo o di proroga superiore a 12 mesi, contenga la specificazione delle esigenze necessarie previste ora all’articolo 19, comma 1. Stranamente, nulla si dice se il contratto originariamente ha una durata superiore a 12 mesi, ma si ritiene, soprattutto ai fini probatori, che anche in tal caso si debbano formalizzare le condizioni previste dall’articolo 19, comma 1.

In materia di proroga, l’articolo 1, comma 1, lettera b), D.L. 87/2018, riduce a 4 – erano 5 – il numero massimo di proroghe nell’arco di 24 mesi – erano 36.

È rimasto in vigore l’articolo 19, comma 3, D.Lgs. 81/2015, che legittima un ulteriore contratto a termine, di durata massima di 12 mesi, da stipularsi presso l’ITL.

Viene poi modificato il termine di decadenza di impugnazione: 180 giorni a decorrere dalla scadenza del singolo contratto (120 il termine precedente). L’impugnazione deve poi essere seguita entro 180 giorni dal deposito del ricorso giudiziale o dal tentativo di conciliazione (con ulteriori 60 giorni per il deposito del ricorso giudiziale, se non va a buon fine la conciliazione).

Nella conversione in legge è stato previsto un periodo transitorio per la progressiva entrata in vigore delle novità introdotte dal D.L. 87/2018: le novità introdotte dall’articolo 1, comma 1, D.L. 87/2018, si applicano ai contratti sottoscritti a decorrere dal 14 luglio 2018, nonché ai rinnovi e alle proroghe successivi al 31 ottobre 2018.

Tale periodo transitorio riguarda anche i rapporti instaurati ai fini della somministrazione di lavoro.

Le novità introdotte dagli articoli 1, 2 e 3, D.L. 87/2018, non si applicano ai contratti stipulati dalle P.A., ai quali continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del D.L..Articolo 1, comma 3

Esonero contributivo giovani  – Articolo 1-bis

Nella conversione in legge, al fine del dichiarato intento di agevolare l’occupazione giovanile, è stato introdotto per il 2019 e il 2020 l’esonero contributivo, per un periodo massimo di 36 mesi, pari al 50% dei complessivi contributi previdenziali (i premi Inail sono esclusi) a carico del datore di lavoro, nel limite massimo annuo di 3.000 euro, applicato, riparametrato su base mensile, ai datori di lavoro che assumono con contratto a tempo indeterminato lavoratori che non hanno compiuto il 35° anno di età.

Il Decreto Dignità introduce l’esonero parziale contributivo come se fosse una novità assoluta, senza richiamare la Legge di Bilancio 2018, che ha introdotto tale agevolazione. Concretamente, con l’intervento del Decreto Dignità, con il 2019 non si ridurrà a 30 anni l’età massima del lavoratore per portare in dote l’esonero parziale.

Come caratteristiche, l’esonero di fatto ricalca nelle condizioni di accesso quello attualmente in essere: oltre al requisito anagrafico, il lavoratore non deve essere mai stato assunto a tempo indeterminato, dallo stesso o da altro datore di lavoro. Non sono preclusivi eventuali periodi di apprendistato svolti presso un altro datore di lavoro e non proseguiti in un rapporto ordinario a tempo indeterminato. Non sono invece riproposte le ipotesi di decadenza previste nella Legge di Bilancio 2018 per l’esonero attualmente in vigore legate:

a licenziamenti per motivi economici individuali e collettivi effettuati nei 6 mesi precedenti all’assunzione nella stessa unità produttiva;

ai licenziamenti effettuati nei 6 mesi successivi all’assunzione, per gmo, che riguardino lavoratori impiegati nella medesima unità produttiva e con la stessa qualifica.

Per le modalità di fruizione dell’esonero, si rimanda a un successivo D.M., da emanarsi entro 60 giorni a decorrere dall’entrata in vigore della legge di conversione (12 agosto 2018) e, ovviamente, ai consueti chiarimenti di prassi.

 Modifica alla disciplina della somministrazione di lavoro  – Articolo 2 

L’articolo 2, D.L. 87/2018, è stato completamente riscritto in occasione della conversione in legge.

Come prima modifica (comma 01), si è proceduto con l’introduzione, tra le fattispecie escluse dalle norme sul contratto a termine, dei rapporti instaurati per la fornitura di lavoro portuale temporaneo (articolo 17, L. 84/1994).

Con la conversione si è introdotto (comma 02), un nuovo limite quantitativo (senza alcun periodo transitorio): fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi (applicati dall’utilizzatore), il numero di lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti, con arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. Oltre, quindi, ai limiti previsti per il contratto a termine (20% o il diverso limite previsto dalla contrattazione collettiva), viene creato un nuovo limite che coinvolge la somministrazione: in sostanza, gli utilizzatori non possono utilizzare più del 30% di lavoratori in somministrazione, comprendendo nel calcolo anche eventuali contratti a termine sottoscritti direttamente con i lavoratori.

Prima dell’intervento della legge di conversione del D.L. 87/2018, la somministrazione era esente da limiti legali quantitativi, con la facoltà per i contratti collettivi di introdurne.

In linea con il calcolo del limite massimo per i contratti a termine (articolo 23, D.Lgs. 81/2015), nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipulazione del contratto di somministrazione di lavoro.

Sono state mantenute le esclusioni dai limiti quantitativi previste dall’articolo 31, comma 2, D.Lgs. 81/2015:

la somministrazione a tempo determinato di lavoratori di cui all’articolo 8, comma 2, L. 223/1991 (con l’abrogazione della mobilità, è ipotesi ormai più teorica che reale);

la somministrazione a tempo determinato di soggetti disoccupati che godono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;

la somministrazione a tempo determinato di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei dell’articolo 2, n. 4) e 99), Regolamento (UE) 651/2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

In riferimento all’estensione delle norme del contratto a termine ai rapporti di lavoro con l’agenzia di somministrazione (articolo 2, comma 1, D.L. 87/2018), innanzitutto oltre alle deroghe previste per gli articoli 23 (limiti quantitativi ma, come sopra detto, ora vi è una specifica disciplina di contingentamento della somministrazione) e 24 (diritti di precedenza), è prevista la non applicazione dell’articolo 21, comma 2, D.Lgs. 81/2015, norma che impone il rispetto di periodi neutri nella successione di contratti a termine (c.d. stop and go).

Con l’aggiunta dell’articolo 2, comma 1-bis, D.L. 87/2018, viene reintrodotta la fattispecie penale della somministrazione fraudolenta: “quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore”, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.

Come ultimo intervento, si segnala l’importante precisazione relativa alle condizioni da utilizzare per contratti superiori a 12 mesi, originariamente o in virtù di proroghe, o in caso di rinnovi: il nuovo articolo 2, comma 1-ter, stabilisce che le condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, D.Lgs. 81/2015, nel caso di ricorso al contratto di somministrazione di lavoro, si applicano esclusivamente all’utilizzatore.

Prestazioni occasionali – Articolo 2-bis

Con la legge di conversione, è stato aggiunto l’articolo 2-bis, norma che va a modificare la disciplina delle prestazioni occasionali, le c.d. PrestO, strumento introdotto dall’articolo 54-bis, D.L. 50/2017 (convertito dalla L. 96/2017).

In primo luogo, è prevista la possibilità di autocertificare, da parte dei prestatori occasionali, all’atto della propria registrazione nella piattaforma informatica, la condizione (titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità; giovani con meno di 25 anni, se studenti; disoccupati), che dà la possibilità di computare i compensi al 75% del loro importo, ai fini del raggiungimento dei limiti massimi.

Nello stesso modo, viene previsto l’obbligo del lavoratore di autocertificare, per le prestazioni occasionali in favore delle imprese agricole, sempre nella piattaforma, di non essere stato iscritto nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli. In caso di informazioni non veritiere, non si applicano le sanzioni all’utilizzatore che sulla base di tali presupposti ha attivato la prestazione occasionale. Per quanto riguarda gli interventi sostanziali, si prevede per le aziende alberghiere e delle strutture ricettive che operano nel turismo un diverso limite, 8 lavoratori alle dipendenze, per poter utilizzare le PrestO (negli altri settori il limite è pari a 5). Come ulteriore vantaggio per tali imprese, viene prevista la possibilità di indicare, da parte dell’utilizzatore, nella dichiarazione di attivazione, al pari delle imprese agricole, la data di inizio e il monte orario complessivo presunto con riferimento a un arco temporale non superiore a 10 giorni. Negli altri settori è necessario indicare la data e l’ora di inizio e di termine della prestazione.

L’articolo 2-bis, comma 1, lettera d), D.L. 87/2018, prevede inoltre che il versamento a carico del datore di lavoro delle somme per compensare le prestazioni all’attivazione del contratto di prestazione occasionale possa essere effettuato anche tramite un intermediario di cui alla L. 12/1979, ferma restando la responsabilità dell’utilizzatore.

Infine, si prevede che, a richiesta del prestatore espressa all’atto della registrazione nella piattaforma informatica Inps e con oneri a suo carico, il pagamento del compenso possa essere effettuato (oltre che con accredito su conto corrente o bonifico bancario domiciliato), decorsi 15 giorni dal momento in cui la dichiarazione relativa alla prestazione lavorativa inserita nella procedura informatica è divenuta irrevocabile, tramite qualsiasi sportello postale, a fronte della generazione e presentazione di univoco mandato ovvero di autorizzazione di pagamento emesso dalla piattaforma informatica Inps, stampato dall’utilizzatore e consegnato al prestatore, che identifica le parti, il luogo, la durata della prestazione e l’importo del corrispettivo.

 Indennità licenziamento ingiustificato – Articolo 3

Con un intervento mirato, sono state aumentate le indennità in un caso specifico di licenziamento illegittimo per i lavoratori a tutele crescenti, assunti dopo il 7 marzo 2015 e soggetti a tale disciplina.

Mediante modifica dell’articolo 3, comma 1, D.Lgs. 23/2015, la sanzione risarcitoria prevista come regola generale, per le imprese con più di 15 dipendenti, passa da 4-24 mensilità a 6-36 mensilità, con un aumento di 2 mensilità come risarcimento minimo e un aumento del limite massimo a 36 mesi, così da incrementare l’indennità per i lavoratori con elevate anzianità (l’indennità, oltre le 6 mensilità, matura con 2 mensilità per ogni anno di servizio).

Per le imprese fino a 15 dipendenti, l’ammontare dell’indennità (articolo 9, D.Lgs. 23/2015) è dimezzato rispetto a quello definito dall’articolo 3, comma 1, della stessa legge: tuttavia non è stato modificato l’ultimo periodo dell’articolo 9, che fissa come limite di indennizzo 6 mensilità; pertanto, i lavoratori delle piccole imprese non beneficeranno di alcun incremento.

In occasione della conversione in legge, è stato modificato il limite massimo del corrispettivo in caso di conciliazione ex articolo 6, D.Lgs. 23/2015, per i licenziamenti a tutele crescenti, cioè che riguardano i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015: da 2-18 mensilità si passa a 3-27 mensilità.

L’incremento delle mensilità è stato necessario per mantenere l’appetibilità della forma conciliativa: l’aumento fino a 36 mensilità dell’indennità risarcitoria per i licenziamenti illegittimi (articolo 3, comma 1, D.Lgs. 23/2015), operata dal D.L. 87/2018 e confermata dalla legge di conversione, senza adeguamenti rendeva per il lavoratore tale strada potenzialmente svantaggiosa per l’eccessiva differenza, soprattutto per i lavoratori con anzianità elevate, tra il massimo del risarcimento (36 mensilità) e il corrispettivo nella conciliazione (ora 27 mensilità, prima della conversione erano rimaste a 18).

 Aumento contributi contratto a termine  Articolo 3, comma 2

Viene aumentato il contributo addizionale per i contratti a tempo determinato, anche in somministrazione, in occasione di ciascun rinnovo, dello 0,5%.

Essendo in via ordinaria il contributo pari all’1,4%, in occasione del rinnovo il contributo addizionale passerà all’1,9%.

Tale aumento non si applica ai contratti di lavoro domestico.

  

Lo studio rimane a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.

Distinti saluti.

Studio Nesti

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