LA RIFORMA DEL LAVORO SPORTIVO

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La riforma del lavoro sportivo. Tra decreto e correttivo, settore sostanzialmente innovato

Ampia è la platea dei lavoratori e dei datori cui la riforma del lavoro sportivo (dlgs n. 36/2021, di riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo), in vigore dal 1° gennaio 2023, riconosce tutela previdenziale e assicurativa. Sono 750mila gli uni, 60mila gli altri.

Non sarà contemplata la figura dell’amatore se non riqualificato come “volontario”, all’interno della generica definizione di “prestazioni sportive dei volontari”, mentre esisteranno normativamente: lavoratori di società sportive professionistiche; lavoratori di società sportive dilettantistiche.

I compensi percepiti nell’area del dilettantismo non costituiranno base imponibile fino all’importo complessivo annuo di 15mila euro. Oltre questa soglia, il reddito sarà assoggettato a tassazione per la parte eccedente. Un indubbio vantaggio, in tale quadro, sarà svolgere l’attività di lavoro sportivo con partita Iva per i soggetti che accedano al c.d. “regime forfettario”: ai compensi percepiti verranno applicati il coefficiente di redditività previsto per l’attività, pari al 78%, e la soglia di esenzione sui primi 15mila euro di reddito. In tal modo, il carico fiscale sarà minimizzato. Sarà anche possibile portare in deduzione i contributi previdenziali versati nell’anno di imposta.

A norma del decreto di riforma – sulla vigenza del quale significative pressioni vorrebbero il differimento ed attendono, perciò, la Legge di bilancio per il 2023, la cui bozza bollinata è pubblicata da fine novembre – i tesserati potranno rientrare tra i lavoratori sportivi, purché svolgano mansioni necessarie per l’espletamento dell’attività sportiva. Vi potranno, cioè, rientrare figure come manager, addetti agli arbitri, osservatori e analisti dei dati.

La “ristrutturazione normativa” operata nel 2021 punta a qualificare i lavoratori sportivi come lavoratori autonomi, lavoratori subordinati o collaboratori coordinati e continuativi. Il rapporto di lavoro subordinato sarà preferito nelle società sportive professionistiche. Costituisce eccezione il caso del lavoratore sportivo non vincolato a frequentare sedute di allenamento. Altra eccezione è una prestazione contrattuale che non supera 8 ore a settimana o 5 giorni al mese, ovvero 30 giorni in un anno (in questa specifica ipotesi, si ricade nel lavoro autonomo).

Per il lavoratore sportivo in ambito dilettantistico, il Legislatore ha introdotto un criterio temporale: se la durata delle prestazioni non supera le 18 ore a settimana (escludendo il tempo dedicato alle manifestazioni sportive), il contratto può rientrare nel lavoro autonomo e nelle collaborazioni coordinate e continuative (dal monte ore va, però escluso il tempo dedicato alla partecipazione alle manifestazioni sportive). Inoltre, le prestazioni devono risultare coordinate in osservanza, sotto l’aspetto tecnico-sportivo, della Disciplina sportiva associata, dell’Ente di promozione sportiva competente o dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali.

Un aspetto di sicuro interesse sta nell’aver previsto la formazione degli atleti. E’ possibile concludere contratti di apprendistato per: la qualifica e il diploma professionale; il diploma di scuola secondaria superiore; il certificato di specializzazione tecnica superiore; l’alta formazione e ricerca. I contratti di apprendistato con giovani dai 15 anni di età agevoleranno la formazione e la cura dei c.d. “vivai”. A proposito di ciò, l’età minima (15 anni), in origine fissata a 18 anni, è stata abbassata dal correttivo al decreto 36/2021, per la sottoscrizione dei contratti di apprendistato professionalizzante stipulati dalle sole società sportive professionistiche.

Resta invariato il limite massimo di età, pari a 23 anni, già abbassato dalla Legge di bilancio per il 2022 rispetto a quello posto a 29 anni in via generale. La Relazione illustrativa precisa che tale ultima modifica è volta a facilitare l’accesso alle professioni di lavoro sportivo, adattando le caratteristiche dell’apprendistato alle specificità dello sport in cui le età di inizio e di cessazione differiscono rispetto a quelle della generalità dei lavori.

Con decorrenza 31 luglio 2023, i giovani atleti non dovranno rispondere al vincolo sportivo: il tesseramento per una squadra non sarà più automatico, a fine annata. Sarà volontariamente rinnovato. Per le società, che con questa pesante novità possono perdere i talenti “allevati”, la norma dispone che sia loro assegnato un premio di formazione tecnica al momento della firma del primo contratto di lavoro sportivo dell’atleta.

Alle società sportive dilettantistiche verrà consentito esercitare attività “diverse, secondarie e strumentali”, se previsto dallo Statuto e nei limiti quantitativi da individuare con decreto. Una specifica della norma: i proventi derivanti da rapporti di sponsorizzazione, promo pubblicitarie, cessione dei diritti e indennità legate alla formazione degli atleti, o dalla gestione di impianti e strutture sportive, non rientrano nei limiti massimi delle attività “diverse”.

Le realtà dilettantistiche (a condizione che non beneficino dell’agevolazione fiscale della “de-commercializzazione” dei corrispettivi come quote di abbonamento e rette, incassati da soci e tesserati, che non possono distribuire utili) potranno ripartire fino al 50% degli utili prodotti (in ogni caso entro il limite massimo dell’interesse dei buoni postali fruttiferi, aumentato di 2,5 punti rispetto al capitale effettivamente versato); all’80% per quelle che gestiscono impianti e piscine.

Il decreto legislativo 5 ottobre 2022, n. 163 (G.U. n. 256 del 2 novembre 2022), correttivo al decreto n. 36/2021, è uno dei pilastri su cui si fonda la più complessiva riforma dell’ordinamento sportivo. Esso: tende all’armonizzazione tra riforma dell’ordinamento sportivo e codice del Terzo settore; disciplina i cosiddetti lavoratori sportivi (art. 13); individua i soggetti che possono acquisire la qualifica di organizzazioni sportive, facendovi rientrare ogni tesserato che, verso un corrispettivo, svolge mansioni rientranti tra quelle necessarie per lo svolgimento di un’attività sportiva.

Con ordine. Circa l’esigenza di armonizzare riforma e codice, il correttivo prevede che gli enti del Terzo settore siano soggetti esclusivamente alle disposizioni sullo svolgimento dell’attività sportiva (che può non essere principale, se svolte anche altre attività di interesse generale) e, per gli altri aspetti, solo se compatibili con la disciplina del Terzo settore. Tali enti dovranno indicare nello statuto lo “svolgimento stabile dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica”.

Con il correttivo, le organizzazioni sportive potranno avvalersi esclusivamente di:

– volontari, cui poter riconoscere un rimborso a piè di lista (i volontari degli enti del Terzo settore potranno eventualmente accedere al rimborso non forfettario in autocertificazione);

– lavoratori sportivi;

– collaboratori amministrativo-gestionali;

– lavoratori soggetti all’ordinaria disciplina.

I lavoratori sportivi sono soggetti ad una disciplina speciale. Nella qualifica di “lavoratore sportivo” rientrano esclusivamente “l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo (nonché) ogni tesserato, ai sensi dell’articolo 15, che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale” (che non sono prestazioni di lavoro sportivo).

In questo nuovo contesto cade la possibilità che il lavoro sportivo sia svolto sotto forma di prestazione di lavoro occasionale.

Intanto, i lavoratori sportivi potranno essere qualificati – nella gran parte dei casi – come collaboratori coordinati e continuativi. Se l’impegno è inferiore alle diciotto ore settimanali cui sommare l’impegno per manifestazioni sportive, è prevista una presunzione di legge di tale natura. Per impegni superiori, viene consigliato di ricorrere alla certificazione del contratto.

Ad essi spettano la tutela Inail; la copertura previdenziale presso la gestione separata Inps, ma solo sul plafond superiore a 5.000 euro percepito (l’aliquota è del 25%, 24% se hanno una diversa tutela previdenziale, con riduzione del 50% fino al 2027 e con il consueto riparto di 2/3 a carico del committente, 1/3 a carico del collaboratore). Avranno accesso alle tutele Inps relative a malattia, maternità e disoccupazione. Verseranno, infine, l’IRPEF esclusivamente sull’importo che supera i 15.000 euro.

Le semplificazioni per i collaboratori coordinati e continuativi

Chi non percepisce più di 5.000 euro è esonerato dalla comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto e dalla comunicazione mensile all’Inps dei dati retributivi e delle informazioni utili al calcolo dei contributi. Non va emessa, poi, busta paga per chi non supera i 15.000 euro.

I lavoratori dipendenti?

Per questi è previsto un contratto a tempo determinato: al massimo cinque anni, eventualmente prorogabili. Per quanto concerne la tutela previdenziale, è previsto il versamento al Fondo Pensione Sportivi Professionisti (ex Enpals) gestito dall’Inps (33%, di cui il 9,19% a carico del dipendente, a cui si sommano le aliquote minori).

Infine, i collaboratori amministrativo-gestionali, come più sopra accennato, non sono qualificati come lavoratori sportivi ma hanno accesso alle medesime agevolazioni fiscali e previdenziali previste per le collaborazioni coordinate e continuative. Non sono lavoratori sportivi, perciò non opera nei loro riguardi la presunzione della natura di collaborazione coordinata e continuativa per cui sarebbe opportuno certificare i contratti. La presenza di indicatori di subordinazione gerarchica determinerebbe la conversione del rapporto in lavoro subordinato in questo caso a tempo indeterminato.

Due sono le disposizioni di salvaguardia introdotte:

  1. per i rapporti di lavoro sportivo iniziati prima dell’operatività del dlgs 36/2021 e inquadrati come compensi sportivi, non si dà luogo a recupero contributivo;
  2. istruttori, direttori tecnici e altre figure già iscritte al Fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo possono optare, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, per il mantenimento del regime previdenziale già in godimento.

Per ultimo, viene modificato l’elenco di chi – tra gli iscritti nel Registro delle attività sportive dilettantistiche – può assumere la qualifica di organizzazione sportiva: reintrodotte le cooperative sportive vengono, invece, eliminate le società di persone e vengono introdotti gli enti del Terzo settore. Si pone il problema della qualificazione come sportiva della organizzazione che si limita a promuovere attività didattiche sportive – come la ginnastica per la salute e per il fitness – così come dell’organizzazione che si limita alla preparazione degli atleti che partecipano alle manifestazioni agonistiche. Sono attese precisazioni che stabiliscano se a buona parte delle organizzazioni sportive di tale natura sarà preclusa la possibilità di qualificarsi come tali.

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