LE ASSENZE NEL 2021

Assente

Le assenze nel 2021, i profili retributivi e contributivi e i riflessi delle (mancate) tutele

Oggi che anche nell’ordinamento si intrufola il virus da Covid-19 con interventi emergenziali che scuotono il sistema normativo ad ogni “batter di ciglia”, l’assenza dal lavoro e i suoi riflessi giocano un diverso ruolo.

La quarantena o il rischio di contagio giustificano l’assenza dal lavoro?

Dal decreto c.d. “Cura Italia” – che è uno dei numerosi provvedimenti d’urgenza del periodo pandemico – apprendiamo che è “assente giustificato” il dipendente che non si presenti a lavoro perché costretto alla quarantena obbligatoria. In questo caso, azienda e dipendente si atterranno alle condizioni contrattuali e agli articoli di legge applicabili per la malattia del lavoratore, quando sono garantite le tutele previdenziali e la conservazione del posto di lavoro.

Altra ipotesi è quando il lavoratore non si presenta in azienda perché, per ragioni di sicurezza, l’azienda ha dovuto chiudere: se non percorribile la formula del c.d. “lavoro agile” (più familiarmente “smart working”), l’assenza gli dà comunque diritto alla retribuzione, riconosciuta in via del tutto precauzionale anche se egli sceglie (è il caso di quando è esposto al rischio contagio) di restare in casa in quarantena “volontaria”.

Il Legislatore intende, pertanto, paragonare al lavoratore in malattia chi è costretto al periodo di quarantena, garantendo la sicurezza di questi e dei colleghi ed escludendo per essi sanzioni fino al caso estremo del licenziamento: sono situazioni che giustificano l’assenza.

Poiché tuttavia l’impianto contrattuale, normativo, giuridico possono, sospesa la prestazione, ridurre o sospendere di conseguenza l’obbligo retributivo del datore di lavoro, in via generale la certezza su quali principi tutelare risiede essenzialmente in quelli previsti dalla Costituzione: lo status di lavoratore, la tutela dei più deboli, degli ammalati, degli infortunati, dei portatori di handicap…

In altre parole, è pacifico che il dipendente abbia diritto ad assentarsi dal lavoro per breve o lungo tempo; altrettanto che il diritto gli venga riconosciuto secondo termini e condizioni regolati da contratti collettivi (CCNL) e leggi. E che il verificarsi della violazione comporti sanzioni.

Chi, assentandosi dal lavoro, non viola CCNL e legge? Quali sono i permessi e le assenze giustificati?

Eccoli elencati:

  • ROL (le riduzioni di orario di lavoro disciplinate da alcuni contratti collettivi);
  • permessi per lutto (3 giorni in un anno, retribuiti ed utilizzabili entro 7 giorni dalla morte di un familiare/parente entro il 2° grado);
  • i permessi ammessi dalla legge 104/92;
  • permessi per gli invalidi e per grave infermità del coniuge, convivente riconosciuto o di parenti entro il 2° grado;
  • permessi per allattamento (o controlli prenatali), che possono essere goduti in giorni o ore;
  • permessi ex festività (previsti da alcuni contratti collettivi);
  • permessi per visite mediche o donazione del sangue;
  • permessi per motivi personali o di salute;
  • permessi per studio, esami, concorsi;
  • assenze per malattia;
  • assenze per infortunio;
  • assenze per maternità.

In più, le assenze che possono ricoprire un periodo di tempo più lungo come i congedi matrimoniali o quelli richiesti per ricoprire cariche pubbliche elettive.

Nella macrocategoria esibita, una distinzione è necessaria tra permessi retribuiti e permessi non retribuiti.

I primi danno diritto ad assentarsi dal lavoro, permanendo retribuzione spettante e impiego nelle modalità e nei termini stabiliti dal CCNL di categoria e dalla legge.

I permessi non retribuiti ammessi dai CCNL e dalla legge, invece, conservano l’impiego ma non la retribuzione durante il periodo di assenza.

Una rapida quanto esaustiva ricognizione sugli “istituti” della malattia e della maternità per un quadro approssimativo ma di riferimento circa le tutele apprestate ai lavoratori, può suggerire un termine di paragone con altri “istituti” e con le tutele (e mancate tutele) in relazione alle nuove previsioni del d. lgs n. 127/2021.

Qual è il trattamento retributivo dell’assenza per malattia?

Durante l’assenza per malattia, al lavoratore dipendente del settore privato viene corrisposta l’indennità economica di malattia in sostituzione della retribuzione (chiaramente, per il periodo stabilito dalla legge e dai contratti collettivi).

Il diritto spetta dal giorno in cui ha inizio l’attività lavorativa.

L’indennità è erogata dal datore di lavoro, che l’anticipa per conto dell’lnps.

La grande parte dei contratti prevede una integrazione economica, sotto forma di retribuzione, da parte del datore di lavoro.

Misura dell’indennità a carico dell’Inps

L’indennità da parte dell’Inps spetta dal 4° giorno di malattia, che deve essere calcolato dalla data di inizio della malattia dichiarata dal lavoratore e riportata nel certificato medico, e viene erogata dall’lnps in queste misure: 50% della retribuzione media globale giornaliera percepita dal lavoratore nel periodo mensile scaduto e immediatamente precedente l’inizio della malattia, per i primi 20 giorni; 66,66% (2/3) della retribuzione media giornaliera di cui sopra, dal 21° giorno.

I primi 3 giorni di malattia non sono indennizzabili, tranne nel caso di ricaduta della stessa malattia verificatasi entro 30 giorni o quando il contratto preveda l’indennizzo di tale periodo a carico del datore di lavoro.

Ai lavoratori disoccupati o sospesi, in caso di malattia insorta durante lo stato di disoccupazione o sospensione, l’indennità di malattia viene corrisposta in misura pari ai 2/3 delle misure prima indicate, sempreché la malattia insorga entro i 60 giorni dalla cessazione o sospensione del rapporto di lavoro.

Durante il ricovero in luoghi di cura, l’indennità giornaliera è corrisposta in misura pari ai 2/5 delle misure previste, se il lavoratore non ha familiari a carico.

Fuorché nei casi di erogazione diretta da parte dell’Inps, l’indennità di regola è anticipata dai datori di lavoro; la più parte dei contratti di lavoro prevede, a carico degli stessi, una integrazione della indennità di malattia sotto forma di retribuzione.

Periodo massimo assistibile

Per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, il trattamento economico di malattia viene erogato per un periodo massimo di giorni 180 complessivi in un anno solare. In caso di cessazione o sospensione del rapporto di lavoro la “protezione assicurativa” scatta se l’evento interviene nei 60 giorni successivi.

Per i lavoratori con contratto a tempo determinato, fermo restando il periodo massimo indennizzabile di 180 giorni che non può essere superato, l’indennità di malattia viene corrisposta per un numero di giornate pari a quelle lavorate negli ultimi 12 mesi precedenti la malattia. Se il lavoratore, nei 12 mesi precedenti, non può far valere periodi superiori a 30 giorni, l’indennità di malattia è concessa per un periodo massimo di 30 giorni nell’anno solare.

Non si dà luogo a trattamenti economici e indennità di malattia per i periodi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato.

Qual è il trattamento retributivo dell’assenza per maternità?

Le lavoratrici in congedo di maternità hanno diritto ad una indennità giornaliera corrispondente all’80% della retribuzione media globale giornaliera, percepita nel mese immediatamente precedente l’astensione dal lavoro, per tutto il periodo di congedo di maternità, compresi i periodi di congedo di maternità anticipata, autorizzati dall’ASL o dal Servizio ispettivo del Ministero del lavoro. Il calcolo si applica anche alle lavoratrici domestiche, su una retribuzione convenzionale determinata anno per anno dall’INPS, e alle lavoratrici a domicilio.

Numerosi contratti collettivi prevedono, a carico del datore, un’integrazione dell’indennità fino a raggiungere la retribuzione in costanza di rapporto di lavoro.

Se sussiste il diritto, alla lavoratrice o al lavoratore viene corrisposto anche l’assegno per il nucleo familiare.

Infine, è riconosciuta d’ufficio la piena contribuzione figurativa per tutta la durata delle prestazioni, valida ai fini del diritto e della misura delle prestazioni pensionistiche.

L’assente ingiustificato ante e post decreto

A sé il discorso sulle assenze ingiustificate, con la specifica che l’assenza dal lavoro per circostanze e fatti imprevedibili e/o imprevisti può non comportare provvedimenti sanzionatori o licenziamento. In questi casi, l’assenza sarà giustificata quando il lavoratore dimostrerà che non è dipesa dalla sua volontà.

Accolta questa peculiarità, in via generale ogni assenza ingiustificata risponde, per l’ordinamento, ad illecito disciplinare. Segue il procedimento avviato dal datore, che non è facoltativo ma obbligatorio (Statuto dei Lavoratori). Infine, la comunicazione (parimenti obbligatoria) dell’esito con eventuale irrogazione di sanzione disciplinare.

Dall’entrata in vigore del d.lgs n. 127/2021 più sopra richiamato, lo “status” (per così dire) del lavoratore cambia; se è privo di green pass è «considerato assente ingiustificato». Sotto il profilo delle conseguenze, per il periodo di assenza, il lavoratore non percepisce retribuzione, «né altro compenso o emolumento», sin dal primo giorno in cui è inibito l’accesso al luogo di lavoro per mancanza di certificato verde.

La non retribuzione è, a questo punto, una conseguenza automatica dell’assenza ingiustificata; che, fino alla presentazione del certificato (in mancanza, fino al 31 dicembre 2021 che è data di cessazione dell’emergenza), non ha conseguenze disciplinari e comporta il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Non si verificano, cioè, le conseguenze che di norma (anche dai contratti collettivi) vengono ricondotte all’assenza ingiustificata, ovvero il licenziamento al protrarsi dell’assenza oltre il numero di giorni prefissato.

In conclusione, tornando alla quarantena, in un primo momento  è stato escluso (per mancanza di risorse) il riconoscimento della tutela previdenziale per gli eventi riferiti al 2021 successivamente, con la pubblicazione del decreto fiscale n. 146/21 ne viene previsto il rifinanziamento.  In caso di malattia conclamata da COVID-19, è comunque riconosciuta la tutela della malattia.

Con riguardo, però, ai lavoratori cosiddetti “fragili”, la cui assenza dal lavoro è stata equiparata a ricovero ospedaliero – con la conseguente erogazione della prestazione economica e il correlato accredito della contribuzione figurativa, per gli assicurati aventi diritto alla tutela della malattia del settore privato, entro i limiti del periodo massimo assistibile previsto dalla normativa vigente per la specifica qualifica e il settore lavorativo di appartenenza – per l’anno 2021 questa tutela verrà riconosciuta fino al 31 dicembre 2021 (articolo 2-ter del dl n. 111/2021).

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