Calderone. La “Mia” riforma

MIA

Il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone, dà vita a “Mia”, la Misura per l’inclusione che scalza il Reddito di cittadinanza per essere questo un sussidio da dover sostituire con una politica attiva. La logica cambia: le famiglie con nucleo numeroso che versano in difficoltà economiche meritano maggiore sostegno.

Mia avrà regole per una platea ridefinita e ne varieranno gli importi.

E’ uno stop, quello della titolare del Dicastero, all’assistenza permanente che ha causato 25 miliardi di costi in un triennio ed è responsabile del mancato aumento dell’occupazione e della mancata diminuzione della povertà. “Chi può lavorare deve essere messo in condizione di farlo e uscire quanto prima dalla misura”.

L’intento dell’Esecutivo Meloni e del suo ministro Calderone è correggere la stortura del Reddito di Cittadinanza, consistente in uno strumento che dava troppo al singolo, troppo poco ai nuclei familiari con figli a carico.

L’intervento sul punto debole del Reddito di Cittadinanza, che è la presa in carico (600mila persone che ricevono il sussidio non sono mai passate per un Centro per l’impiego), punta a rendere quanto prima possibile operativa la “Piattaforma digitale”, cui chi richiederà il nuovo sostegno dovrà necessariamente iscriversi, sottoscrivendo contestualmente il Patto di attivazione digitale. Sarà in quel momento che avverrà la presa in carico. Poi la meccanicità, vale a dire l’invio del soggetto iscritto in Piattaforma, ad opera del sistema, per l’appunto in automatico, al Centro per l’impiego o all’assistenza sociale dei Comuni e del Terzo settore (vasi comunicanti, questi).

La misura sostitutiva del RdC scatterà già quest’anno, dopo i sette mesi di proroga accordati ai beneficiari del Reddito di Cittadinanza con la legge di Bilancio 2023. Mia dovrebbe, quindi, poter essere chiesta da agosto; più realisticamente dal primo settembre (con modalità ancora non conosciute perché presenti nel decreto che Marina Calderone presenterà in Cdm).

Sostituisce, sì. Ma cos’è Mia?

Già da quest’anno Mia è lo strumento di politica attiva che sostituirà il Reddito di Cittadinanza intanto per risparmiare, nelle previsioni dell’Esecutivo Meloni, 2-3 miliardi l’anno rispetto ai 7-8 spesi per il Reddito di Cittadinanza.

Il decreto MLPS che conterrà la misura, il cui approdo in Consiglio dei ministri è atteso, non cambierà molto per i “non occupabili”, nella considerazione che un’inversione di questo aspetto deriverebbe solo da un intervento sulle politiche attive (che, certo, il Governo starà prevedendo).

Platea. Chi può chiedere Mia?

Alla Misura di inclusione attiva (percepita per un periodo inferiore al RdC) accederanno i “non occupabili” e gli “occupabili”. Nella prima platea rientrano le famiglie con almeno un minorenne, un anziano over 60 o un disabile; nella seconda (per la quale l’importo del sussidio sarà inferiore a quello del Reddito e della Misura prevista per le famiglie senza occupabili), i nuclei familiari con almeno una persona tra 18 e 60 anni.

Come per il Reddito, è scontato anche per Mia un tetto Isee che dia diritto al sussidio, che tuttavia dovrebbe passare da 9.360 euro a 7.200 euro, con buona pace di un terzo dei potenziali beneficiari. Bilancerà, comunque, la volontà di garantire maggiori risorse alle famiglie più numerose, correggendo la “scala di equivalenza” (che fa aumentare l’importo del sussidio in base al numero dei componenti il nucleo).

Va aggiunto che per le famiglie numerose l’Isee beneficerà dell’apporto fornito per i figli dall’AUU (Assegno Unico Universale).

Cambieranno gli importi?

L’importo base dovrebbe corrispondere a:

500 euro al mese per un single non occupabile (cifra eguale a quella prevista per il Reddito);

375 euro al mese per un single occupabile.

Facendo tesoro di quanto sperimentato con il Reddito di Cittadinanza, il Governo renderà impossibile ai beneficiari della misura classificati come “occupabili” rifiutare un’offerta di lavoro “congrua”, pena la perdita del sussidio. Un solo rifiuto sarà perciò sufficiente a negare il diritto a Mia. Per i nuclei con occupabili, il nuovo sostegno sociale avrà una durata massima di 12 mesi la prima volta che viene chiesta. Per la seconda domanda, la durata si dimezza; una terza domanda potrà essere presentata dopo una pausa di un anno e mezzo (il meccanismo vuole incentivare i percettori “occupabili” a cercare un lavoro).

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La legge di bilancio 2023 – Le misure per i lavoratori in forza

redigo.info per Studio Nesti - Bilancio 23 - lavoratori in forza

Legge di bilancio 2023

I lavoratori in attività beneficeranno, nell’anno, di diverse misure di favore. Taglio del cuneo fiscale a parte – del quale abbiamo ampiamente scritto e che, rapidamente, prevede l’incremento al 2% per i redditi annui sino a 35mila euro e al 3% per quelli sino a 25mila euro dell’esonero sulla quota di contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti (eccezion fatta per il lavoro domestico) – una precisa disposizione riguarda la proroga dello smart working per i lavoratori fragili, portata da qualche giorno al 30 giugno 2023 (dal 31 marzo 2023). Interessa tanto i lavoratori del settore pubblico quanto quelli del settore privato. Così, il datore di lavoro assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile anche adibendo il lavoratore a mansione diversa che sia, tuttavia, compresa nella stessa categoria o area di inquadramento (come definite dai Ccnl vigenti) senza decurtare la retribuzione spettante. Se più favorevoli, verranno applicate le disposizioni dei Ccnl di riferimento.

Un incremento che tocca le famiglie con almeno tre figli a carico, e con Isee fino a 40mila euro, è stato deciso per l’Assegno Unico e Universale. L’aumento corrisponde al 50 per cento dell’assegno stesso. Una maggiorazione del 50% investe, poi, i percettori di questa misura di vantaggio che abbiano perlomeno quattro figli. Passano dall’essere sperimentali all’essere strutturali le maggiorazioni dell’AUU per ciascun figlio con disabilità, che siano a carico e senza limiti di età. Ed è di ora un messaggio Inps (n. 724/2023) che dà nuove e dettagliate indicazioni circa l’applicazione ai nuclei vedovili della maggiorazione c.d. “bonus per il secondo percettore di reddito”.

La norma – art. 4, c. 8, dlgs n. 230/2021 – stabilisce: “Nel caso in cui entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro, è prevista una maggiorazione per ciascun figlio minore pari a 30 euro mensili. Tale importo spetta in misura piena per un ISEE pari o inferiore a 15.000 euro. Per livelli di ISEE superiori, esso si riduce gradualmente secondo gli importi indicati nella tabella 1, fino ad annullarsi in corrispondenza di un ISEE pari a 40.000 euro. Per livelli di ISEE superiori a 40.000 euro la maggiorazione non spetta”. La ratio della disposizione agevolativa sta nell’incentivare l’occupazione dei genitori parte del medesimo nucleo familiare. In linea di principio, la maggiorazione per il papà e la mamma entrambi lavoratori non può perciò essere richiesta se la domanda viene presentata per un nucleo composto da un solo genitore, anche se lavoratore (cfr. circolare n. 23/2022; messaggio n. 1714/2022).

La maggiore fragilità dei nuclei vedovili va, dunque, tutelata. Pertanto, il messaggio comunica che è erogato d’ufficio il bonus per il secondo percettore di reddito ai nuclei vedovili per i decessi del genitore lavoratore che si sono verificati nell’anno di competenza in cui è riconosciuto l’AUU. L’Istituto previdenziale precisa altresì che, al fine di beneficiare della maggiorazione in argomento, alcun adempimento ulteriore in capo agli utenti interessati è stato assegnato da legge.

Operativamente, per le domande di assegno presentate dal 1° gennaio 2022, la maggiorazione in esame sarà applicata fino al mese di febbraio 2023 e cesserà di essere erogata a decorrere dalla rata di assegno spettante per la mensilità di marzo 2023. La prassi troverà applicazione anche per le future annualità di erogazione dell’assegno; quindi, il decesso del genitore lavoratore nel corso dell’annualità di fruizione dell’assegno non comporta la perdita del bonus sino alla conclusione dell’annualità della prestazione stessa.

Proseguendo sulla strada delle misure per i lavoratori in forza, la Manovra 2023 prevede, poi, un ulteriore mese di congedo facoltativo di maternità o paternità (alternativi) retribuito all’80% fino al sesto anno di vita del bambino.

Risorse aggiuntive al Fondo sociale per occupazione e formazione puntano, invece, a rifinanziare, per l’anno in corso:

  • il completamento dei piani di recupero occupazionale per l’anno;
  • una indennità onnicomprensiva di trenta euro per ogni lavoratore dipendente da imprese adibite alla pesca marittima in caso di sospensione dal lavoro che derivi da misure di arresto temporaneo (obbligatorio o non obbligatorio);
  • misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti dalle imprese del settore del call-center;
  • l’integrazione salariale per i dipendenti del gruppo ILVA, prevista anche ai fini della formazione professionale per la gestione delle bonifiche;
  • la proroga (sino al 31 dicembre 2023) del trattamento di CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) per un periodo massimo complessivo di autorizzazione del trattamento straordinario di integrazione salariale di 12 mesi, nel limite massimo di spesa pari a 50 milioni di euro.

Ai pubblici dipendenti, nel solo 2023, verrà erogato un emolumento accessorio una tantum, da corrispondere per tredici mensilità, nella misura dell’1,5 per cento dello stipendio con effetti ai soli fini del trattamento di quiescenza.

Nuove risorse verranno, inoltre, destinate: al Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità; al Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza; al Piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani e al Fondo per la crescita sostenibile.

Novità di rilievo interessano, poi, la disciplina delle prestazioni occasionali. Anzitutto, ne è prevista l’applicabilità alle prestazioni che danno luogo per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori, a compensi di importo complessivamente non superiore a 10.000 euro (anziché i 5.000 euro precedentemente previsti).

È, altresì, estesa alle attività lavorative di natura occasionale svolte nell’ambito delle attività di discoteche, sale da ballo, night-club.

È abrogata la previsione che richiedeva, nell’ambito delle prestazioni da rendere a favore di imprese del settore agricolo, l’autocertificazione del prestatore nella piattaforma informatica, di non essere stato iscritto nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

Infine, è innalzato a 10 il numero dei lavoratori dipendenti dall’utilizzatore al fine di determinare la possibilità di ricorso alla prestazione occasionale.

Sono, inoltre, previste disposizioni speciali per facilitare il reperimento di manodopera per le attività stagionali, favorendo forme semplificate di utilizzo delle prestazioni di lavoro occasionale a tempo determinato in agricoltura. In particolare, le prestazioni agricole di lavoro subordinato occasionale a tempo determinato sono riferite ad attività di natura stagionale di durata non superiore a 45 giornate annue per singolo lavoratore, rese da soggetti che, a eccezione dei pensionati, non abbiano avuto un ordinario rapporto di lavoro subordinato in agricoltura nei tre anni precedenti all’instaurazione del rapporto, ovvero diverso da quello previsto dalla presente disciplina, quali: a) persone disoccupate, nonché percettori della NASpI o della DIS-COLL o del reddito di cittadinanza ovvero percettori di ammortizzatori sociali; b) pensionati di vecchiaia o di anzianità; c) giovani con meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un’università; d) detenuti o internati, nonché soggetti in semilibertà provenienti dalla detenzione o internati in semilibertà.

Da ultimo, la Legge qui commentata incrementa – introducendo un’indennità di discontinuità – la dotazione del Fondo per i lavoratori dello spettacolo di 60 milioni di euro per l’anno 2023; 6 milioni di euro per l’anno 2024; 8 milioni di euro per l’anno 2025. Aumentano così le risorse per il prossimo triennio al fine di finanziare la predetta nuova indennità, considerata dal nostro Legislatore strumento fondamentale al raggiungimento dell’equità retributiva e previdenziale per questa categoria di lavoratori.

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Gli incentivi ad assumere nella Legge di Bilancio per il 2023

redigo.info per Studi Nesti - Gli incentivi ad assumere nella L. di B. 2023

Questa Legge di Bilancio promuove misure di favore verso l’occupazione e l’inserimento nel mercato del lavoro, innalzando da 6mila ad 8mila euro l’anno l’importo dello sconto ai datori che decidano di assumere under 36 e donne, prevedendo 8mila euro di sconto contributivo per chi assume i percettori di Reddito di Cittadinanza e stabilendo uno slittamento temporale delle nuove iscrizioni nella previdenza agricola allo scopo di prolungarne la decontribuzione.

Per cominciare, il Reddito di Cittadinanza (o RdC) che, benché sia in via di risoluzione definitiva, è una misura che quest’anno persegue l’obiettivo centrale di riconoscere ai datori di lavori del settore privato che, dal 1° gennaio al 31 dicembre, assumano i percettori del RdC con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, per 12 mesi, l’esonero contributivo totale (100%) a loro carico, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. Sono esclusi i premi e i contributi dovuti all’Inail. L’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali non riguarda i rapporti di lavoro domestico.

Il limite massimo di importo sul quale opera il taglio è di 8mila euro, su base annua, riparametrato ed applicato su base mensile.

Questa norma è alternativa all’esonero di cui all’art. 8 del dl n. 4/2019, che riconosce ai datori di lavoro privati che assumono con contratto a tempo determinato, indeterminato o di apprendistato beneficiari del RdC, l’esonero dal pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a loro carico e a carico del lavoratore nel limite dell’importo mensile del RdC percepito dal lavoratore stesso (che comunque non sia superiore a 780 euro al mese).

Eguale nella misura è l’esonero che spetta per la trasformazione, effettuata durante il 2023, del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato.

All’assunzione a tempo indeterminato dei soggetti non ancora trentaseienni, la Legge n. 197/2022 estende gli esoneri al 100% (sempre con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Inail e ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche). Questi valgono, altresì, per le trasformazioni da determinato a indeterminato del contratto di lavoro, purché effettuate nel 2023 e riguardanti tali soggetti, sempreché non siano stati occupati (a tempo indeterminato) con il medesimo o altro datore durante l’intera vita lavorativa. Alle esposte si aggiungono ulteriori condizioni:

  • il massimo dello sgravio è di 8mila euro;
  • il periodo massimo è di trentasei mesi, elevato a quarantotto – come misura transitoria, non strutturale – per le assunzioni in una sede od unità produttiva che risieda nelle Regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria, Sardegna;
  • lo sgravio spetta ai datori di lavoro che non abbiano proceduto nei sei mesi precedenti l’assunzione, né procedano nei nove mesi successivi alla stessa, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o a licenziamenti collettivi nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva.

L’esonero totale non si applica ai rapporti di apprendistato e ai contratti di lavoro domestico, alle prosecuzioni di contratto di apprendistato in rapporto a tempo indeterminato, alle assunzioni (entro sei mesi dall’acquisizione del titolo di studio) di studenti che abbiano svolto presso lo stesso datore attività di alternanza scuola-lavoro (o periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore o periodi di apprendistato in alta formazione).

Uno spazio tra gli incentivi all’occupazione prende poi la previsione del Legislatore sulle lavoratrici svantaggiate. Anche qui l’esonero contributivo – già deciso per le assunzioni effettuate nel biennio 2021/2022 – vale in misura integrale (100%), nel limite massimo di importo innalzato a 8.000 euro su base annua, per la durata di dodici mesi in caso di contratto a tempo determinato; diciotto mesi in caso di assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato, per le assunzioni effettuate nel 2023 di donne:

  1. con almeno 50 anni di età e disoccupate da oltre dodici mesi;
  2. di qualsiasi età, residenti in Regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea, prive di un impiego regolarmente retribuito da perlomeno sei mesi;
  3. di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità di genere, con un tasso di disparità uomo-donna che superi di almeno il 25% la disparità media uomo-donna, e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
  4. donne di qualsiasi età, ovunque residenti e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi.

Da ultimo, l’ultima Legge di Bilancio proroga al 31 dicembre 2023 il termine ultimo per effettuare le nuove iscrizioni nella previdenza agricola al fine di fruire della decontribuzione prevista dalla normativa vigente, vale a dire della disposizione che ha riconosciuto, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, per un periodo massimo di 24 mesi, l’esonero dal versamento del 100% dell’accredito contributivo presso l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (IVS), dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali con età inferiore a quarant’anni.

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In attesa della Legge di Bilancio per il 2023

in attesa della Legge

In attesa della Legge di Bilancio per il 2023. Il testo bollinato in Parlamento tra detassazioni, esoneri, proroghe ed emendamenti

Le disposizioni in materia lavoro contenute nella bozza bollinata della Legge di Bilancio per il 2023 intervengono in settori delicati, ora per detassare o ridurre la tassazione, ora per esonerare dai contributi o rimodulare le ipotesi di pensionamento anticipato, ora per prorogare indennità e incentivi, ora per apportare modifiche.

Il presente contributo, nel rammentare che il Ddl Bilancio è all’esame dei due rami del Parlamento, fornirà un quadro d’insieme delle numerose misure indirizzate ai datori di lavoro/sostituti d’imposta e ai lavoratori.

Il primo tra gli articoli dedicati è il 14 – “Detassazione delle mance percepite dal personale impiegato nel settore ricettivo e di somministrazione di alimenti e bevande” – il quale stabilisce che nelle strutture ricettive e negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, le somme (c.d. “mance”) riversate ai lavoratori anche con mezzi di pagamento elettronici, sono da considerarsi redditi di lavoro dipendente. Sono, perciò, soggette ad imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali comunali (pari al 5 per cento), entro il limite del 25 per cento del reddito percepito nell’anno per le relative prestazioni di lavoro e in riferimento ai lavoratori del settore privato titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore a 50 mila euro. Sono somme che restano escluse dalla retribuzione imponibile ai fini previdenziali, assistenziali ed assicurativi. Non vengono computate ai fini del calcolo del TFR.

L’applicazione della sostitutiva è demandata al sostituto d’imposta (datore).

Il successivo articolo 15 – “Riduzione dell’imposta sostitutiva applicabile ai premi di produttività dei lavoratori dipendenti” – semplicemente riduce al 5 per cento l’aliquota di tale imposta in relazione a premi di risultato e somme erogate nel 2023. L’aliquota originaria è il 10 per cento. Lo sconto percentuale trova applicazione per i lavoratori del settore privato titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nell’anno precedente a quello di percezione delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, a 80 mila euro.

Un lungo salto in avanti tra le previsioni di norma per giungere ad una terza misura in materia lavoro: si tratta dell’articolo 52 – “Esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti” – inserito nel quadro degli interventi nelle politiche sociali. Dispone, limitatamente ai periodi di paga dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno 2023, l’esonero contributivo sulla quota di invalidità, vecchiaia e superstiti a carico del lavoratore dipendente del settore pubblico e di quello privato. La bozza riconosce tale esonero nella misura di due punti percentuali con i modi e criteri già definiti e, purché la retribuzione imponibile (parametrata su base mensile per tredici mensilità) non superi l’importo mensile di 1.538 euro, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre del rateo di tredicesima, di un ulteriore punto percentuale.

La “pensione anticipata flessibile” è ospitata dall’art. 53 – “Disposizioni sul trattamento di pensione anticipata flessibile”. E’, si sa, una misura introdotta in via sperimentale per il 2023, alternativa alle altre ipotesi di pensionamento anticipato. Chi consegue il diritto entro il 31 dicembre 2023 potrà presentare istanza anche successivamente. Al trattamento hanno accesso coloro che: hanno raggiunto un’età anagrafica di almeno 62 anni; hanno un’anzianità contributiva di almeno 41 anni (“Quota 103). Una battaglia vinta, la concessione di Quota 103, anche se limitata nel tempo.

Ma per chi resta attivo, tardando l’andata in pensione, in alternativa viene in aiuto un bonus: sparisce ogni obbligo di versamento contributivo da parte del datore di lavoro in relazione alla quota a carico del lavoratore. La somma corrispondente alla quota di contributi a carico del lavoratore gli viene pagata interamente. Il meccanismo comporta, in sintesi, il beneficio di un bonus sullo stipendio che varia in ragione dell’inquadramento contributivo e del contratto di lavoro (art. 54).

Della “Quota 103” è stabilito possano beneficiare i lavoratori pubblici e privati ovvero, per le forme gestite da INPS, i lavoratori autonomi e parasubordinati. Non anche il personale militare delle Forze armate, delle Forze di polizia a ordinamento civile e il personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Si badi che, al fine di disincentivare il ricorso eccessivo a “Quota 103”, il trattamento conseguito in virtù della fattispecie sperimentale viene riconosciuto, in una prima fase, nel limite massimo mensile di importo corrispondente al quintuplo del valore lordo mensile del trattamento minimo richiesto dal regime generale INPS. La successiva liquidazione – secondo i criteri di calcolo ordinari – ha luogo dal mese in cui si avrebbe diritto al trattamento in ragione della disciplina della pensione di vecchiaia (dal mese che segue quello in cui vengono compiuti 67 anni, salvo casi specifici).

Disposizioni di dettaglio sono previste sui criteri di calcolo, sui termini dilatori per la decorrenza della prestazione e sui limiti di cumulo con redditi da lavoro.

Una clausola di salvaguardia fa salve le norme che fissano requisiti più favorevoli in materia di accesso al pensionamento.

Si noti che fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, il trattamento liquidato non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo se non con i redditi derivanti da lavoro autonomo occasionale (nel limite di 5 mila euro lordi annui).

Ciò che, infine, esclude il ricorso alla misura sperimentale è trovarsi in contesto di procedura di prepensionamento. Viene abrogata la disciplina che istituisce un Fondo destinato a favorire l’uscita anticipata dal lavoro, su base convenzionale, dei lavoratori che hanno almeno 62 anni di età e i dipendenti di imprese di piccole e medie dimensioni che siano in crisi.

E’ nell’art. 55 la proroga del c.d. “Ape sociale”, indennità rivolta ai sessantatreenni non titolari di pensione diretta, fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia o fino all’ottenimento della pensione anticipata.

Una ulteriore proroga riguarda (art. 56 del ddl Bilancio in commento), la misura c.d. “Opzione donna”, con la previsione di un incremento dell’età pensionabile: le lavoratrici devono maturare entro il 31.12.2022 un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni; anagrafica pari a 60 anni, ridotta di un anno per ogni figlio nel limite di due anni. Devono anche possedere – al momento della richiesta – un requisito di tre alternativi, vale a dire:

  1. assistere da almeno sei mesi il coniuge o un parente di 1° grado convivente con handicap grave, o un parente o affine di 2° grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano 70 anni almeno o siano affetti anch’essi da patologie invalidanti o deceduti o mancanti;
  2. avere una riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74%;
  3. essere licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione di una crisi aziendale presso la struttura della crisi d’impresa. In questo ultimo caso, l’età anagrafica deve corrispondere a 58 anni, a prescindere dal numero di figli.

Un incentivo a sé (art. 57, c. 1-3 e 6) – riconosciuto, in alternativa all’esonero di cui all’art. 8, dl n. 4/2019 per l’assunzione dei percettori di RdC, fino a dodici mesi e nel limite di 6.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile, anche in caso di trasformazione in contratto a tempo indeterminato del contratto a tempo determinato purché avvenuta dall’1.1.2023 al 31.12.2023 – è quello che viene riconosciuto ai datori che assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, percettori di Reddito di Cittadinanza (RdC).

In sintesi, si tratta dell’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a loro carico (escludendo premi e contributi dovuti all’INAIL), ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. L’esonero non riguarda i rapporti di lavoro domestico.

Altra procrastinazione interessa gli incentivi under 36 e donne svantaggiate (art. 57, c. 4-6), estesi alle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023. L’esonero, si ricorderà, è totale (100% dei contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro privato), riconosciuto nel limite massimo di 6 mila euro annui, riparametrati e applicati su base mensile, e per un periodo massimo di 36 mesi (48 per le assunzioni in una sede o unità produttiva delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria, Sardegna.

Il comma 5 del predetto articolo del ddl, fa slittare di un anno (fino al 31.12.2022, dall’1.1.2023) l’incentivo c.d. “donne svantaggiate”.

I tre predetti benefici sono subordinati all’autorizzazione della Commissione UE, trattandosi di misure selettive soggette alla disciplina in materia di Aiuti di Stato.

Nell’anno 2023, il RdC sarà rifinanziato con alcuni “paletti”:

–              riduzione della durata (8 mensilità), eccetto che per i nuclei familiari con persone diversamente abili, minorenni, sessantenni o ultrasessantenni;

–              maggiori limitazioni all’accesso alla misura;

–              decadenza dell’Assegno se il percettore non partecipa, dietro verifica della Regione di appartenenza, al programma di formazione/riqualificazione professionale (della durata di 6 mesi) e in caso di rifiuto della prima congrua offerta di lavoro.

Dal 1° gennaio 2024, le disposizioni sul RdC saranno abrogate.

In caso di stipulazione di contratti di lavoro stagionale o intermittente, l’importo del RdC può essere cumulato nel limite di 3 mila euro lordi. Entro tale soglia, il reddito da lavoro non comporta tagli al beneficio economico.

Le prestazioni occasionali prendono posto, nella bozza di Manovra il cui testo (appesantito da emendamenti di varia natura) verrà approvato non prima di Natale, nell’art. 64. Qui viene stabilito che il limite complessivo di compenso affinché una prestazione possa essere definita occasionale non sarà di 5 mila ma di 10 mila euro. La novità riguarda anche le attività lavorative di natura occasionale svolte nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale per un periodo che non superi 45 giorni nell’anno solare. Il lavoratore riceve, per ogni giornata lavorativa, un compenso pattuito per la prestazione in misura pari, almeno, a quella minima fissata per la remunerazione di tre ore lavorative già prevista per il settore. E’ nuova la previsione secondo cui possono ricorrere alle prestazioni occasionali gli utilizzatori che abbiano fino a dieci lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (il precedente limite era fissato in cinque).

Il ricorso al contratto di prestazione occasionale, in relazione al settore agricolo, varrà per tutti i lavoratori. In tale ambito, viene soppresso l’obbligo – posto in capo al prestatore – di autocertificare di non essere stato iscritto, nell’anno precedente, negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

L’AUU – Assegno Unico Universale – viene, con le modifiche alla disciplina istitutiva, equiparato nella misura base dell’assegno per ciascun figlio maggiorenne a carico e disabile, in via permanente alla misura generale prevista per ciascun figlio minorenne a carico.

Contestualmente, la maggiorazione dell’AUU stabilita per ogni figlio minorenne a carico e disabile viene estesa in via permanente per i figli maggiorenni, a carico e disabili, di età inferiore ai 21 anni.

La bozza sopprime gli importi complessivi specifici previsti, dal 2023, per i figli maggiorenni disabili a carico.

La novità sugli AUU inserita nel testo del ddl oggetto di questo contributo sta nella modifica della norma che reca la maggiorazione temporanea – pari a 120 euro – per i nuclei familiari con ISEE non superiore a 25 mila euro. L’importo viene prorogato oltre l’anno in corso, ovvero per le tre annualità di applicazione della misura.

L’art. 66 incrementa la misura della indennità per congedo parentale (commisurata sulla retribuzione) fino all’80 per cento (dal 30), ma: con riferimento esclusivo alla madre lavoratrice dipendente; per il solo periodo, o insieme di periodi, non superiori ad un mese; da fruire entro il sesto anno di vita del bambino (o entro il sesto anno dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o affidamento).

L’incremento non riguarda i casi in cui il periodo di congedo di maternità è terminato entro il 31.12.2022.

Non resta che l’approvazione definitiva e la pubblicazione della Legge di Bilancio per il 2023 in “Gazzetta Ufficiale”, attesa negli ultimi giorni dell’anno. Dal che si vedrà se le previsioni della bozza bollinata a novembre saranno confermate.

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LA RIFORMA DEL LAVORO SPORTIVO

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La riforma del lavoro sportivo. Tra decreto e correttivo, settore sostanzialmente innovato

Ampia è la platea dei lavoratori e dei datori cui la riforma del lavoro sportivo (dlgs n. 36/2021, di riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo), in vigore dal 1° gennaio 2023, riconosce tutela previdenziale e assicurativa. Sono 750mila gli uni, 60mila gli altri.

Non sarà contemplata la figura dell’amatore se non riqualificato come “volontario”, all’interno della generica definizione di “prestazioni sportive dei volontari”, mentre esisteranno normativamente: lavoratori di società sportive professionistiche; lavoratori di società sportive dilettantistiche.

I compensi percepiti nell’area del dilettantismo non costituiranno base imponibile fino all’importo complessivo annuo di 15mila euro. Oltre questa soglia, il reddito sarà assoggettato a tassazione per la parte eccedente. Un indubbio vantaggio, in tale quadro, sarà svolgere l’attività di lavoro sportivo con partita Iva per i soggetti che accedano al c.d. “regime forfettario”: ai compensi percepiti verranno applicati il coefficiente di redditività previsto per l’attività, pari al 78%, e la soglia di esenzione sui primi 15mila euro di reddito. In tal modo, il carico fiscale sarà minimizzato. Sarà anche possibile portare in deduzione i contributi previdenziali versati nell’anno di imposta.

A norma del decreto di riforma – sulla vigenza del quale significative pressioni vorrebbero il differimento ed attendono, perciò, la Legge di bilancio per il 2023, la cui bozza bollinata è pubblicata da fine novembre – i tesserati potranno rientrare tra i lavoratori sportivi, purché svolgano mansioni necessarie per l’espletamento dell’attività sportiva. Vi potranno, cioè, rientrare figure come manager, addetti agli arbitri, osservatori e analisti dei dati.

La “ristrutturazione normativa” operata nel 2021 punta a qualificare i lavoratori sportivi come lavoratori autonomi, lavoratori subordinati o collaboratori coordinati e continuativi. Il rapporto di lavoro subordinato sarà preferito nelle società sportive professionistiche. Costituisce eccezione il caso del lavoratore sportivo non vincolato a frequentare sedute di allenamento. Altra eccezione è una prestazione contrattuale che non supera 8 ore a settimana o 5 giorni al mese, ovvero 30 giorni in un anno (in questa specifica ipotesi, si ricade nel lavoro autonomo).

Per il lavoratore sportivo in ambito dilettantistico, il Legislatore ha introdotto un criterio temporale: se la durata delle prestazioni non supera le 18 ore a settimana (escludendo il tempo dedicato alle manifestazioni sportive), il contratto può rientrare nel lavoro autonomo e nelle collaborazioni coordinate e continuative (dal monte ore va, però escluso il tempo dedicato alla partecipazione alle manifestazioni sportive). Inoltre, le prestazioni devono risultare coordinate in osservanza, sotto l’aspetto tecnico-sportivo, della Disciplina sportiva associata, dell’Ente di promozione sportiva competente o dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali.

Un aspetto di sicuro interesse sta nell’aver previsto la formazione degli atleti. E’ possibile concludere contratti di apprendistato per: la qualifica e il diploma professionale; il diploma di scuola secondaria superiore; il certificato di specializzazione tecnica superiore; l’alta formazione e ricerca. I contratti di apprendistato con giovani dai 15 anni di età agevoleranno la formazione e la cura dei c.d. “vivai”. A proposito di ciò, l’età minima (15 anni), in origine fissata a 18 anni, è stata abbassata dal correttivo al decreto 36/2021, per la sottoscrizione dei contratti di apprendistato professionalizzante stipulati dalle sole società sportive professionistiche.

Resta invariato il limite massimo di età, pari a 23 anni, già abbassato dalla Legge di bilancio per il 2022 rispetto a quello posto a 29 anni in via generale. La Relazione illustrativa precisa che tale ultima modifica è volta a facilitare l’accesso alle professioni di lavoro sportivo, adattando le caratteristiche dell’apprendistato alle specificità dello sport in cui le età di inizio e di cessazione differiscono rispetto a quelle della generalità dei lavori.

Con decorrenza 31 luglio 2023, i giovani atleti non dovranno rispondere al vincolo sportivo: il tesseramento per una squadra non sarà più automatico, a fine annata. Sarà volontariamente rinnovato. Per le società, che con questa pesante novità possono perdere i talenti “allevati”, la norma dispone che sia loro assegnato un premio di formazione tecnica al momento della firma del primo contratto di lavoro sportivo dell’atleta.

Alle società sportive dilettantistiche verrà consentito esercitare attività “diverse, secondarie e strumentali”, se previsto dallo Statuto e nei limiti quantitativi da individuare con decreto. Una specifica della norma: i proventi derivanti da rapporti di sponsorizzazione, promo pubblicitarie, cessione dei diritti e indennità legate alla formazione degli atleti, o dalla gestione di impianti e strutture sportive, non rientrano nei limiti massimi delle attività “diverse”.

Le realtà dilettantistiche (a condizione che non beneficino dell’agevolazione fiscale della “de-commercializzazione” dei corrispettivi come quote di abbonamento e rette, incassati da soci e tesserati, che non possono distribuire utili) potranno ripartire fino al 50% degli utili prodotti (in ogni caso entro il limite massimo dell’interesse dei buoni postali fruttiferi, aumentato di 2,5 punti rispetto al capitale effettivamente versato); all’80% per quelle che gestiscono impianti e piscine.

Il decreto legislativo 5 ottobre 2022, n. 163 (G.U. n. 256 del 2 novembre 2022), correttivo al decreto n. 36/2021, è uno dei pilastri su cui si fonda la più complessiva riforma dell’ordinamento sportivo. Esso: tende all’armonizzazione tra riforma dell’ordinamento sportivo e codice del Terzo settore; disciplina i cosiddetti lavoratori sportivi (art. 13); individua i soggetti che possono acquisire la qualifica di organizzazioni sportive, facendovi rientrare ogni tesserato che, verso un corrispettivo, svolge mansioni rientranti tra quelle necessarie per lo svolgimento di un’attività sportiva.

Con ordine. Circa l’esigenza di armonizzare riforma e codice, il correttivo prevede che gli enti del Terzo settore siano soggetti esclusivamente alle disposizioni sullo svolgimento dell’attività sportiva (che può non essere principale, se svolte anche altre attività di interesse generale) e, per gli altri aspetti, solo se compatibili con la disciplina del Terzo settore. Tali enti dovranno indicare nello statuto lo “svolgimento stabile dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica”.

Con il correttivo, le organizzazioni sportive potranno avvalersi esclusivamente di:

– volontari, cui poter riconoscere un rimborso a piè di lista (i volontari degli enti del Terzo settore potranno eventualmente accedere al rimborso non forfettario in autocertificazione);

– lavoratori sportivi;

– collaboratori amministrativo-gestionali;

– lavoratori soggetti all’ordinaria disciplina.

I lavoratori sportivi sono soggetti ad una disciplina speciale. Nella qualifica di “lavoratore sportivo” rientrano esclusivamente “l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo (nonché) ogni tesserato, ai sensi dell’articolo 15, che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale” (che non sono prestazioni di lavoro sportivo).

In questo nuovo contesto cade la possibilità che il lavoro sportivo sia svolto sotto forma di prestazione di lavoro occasionale.

Intanto, i lavoratori sportivi potranno essere qualificati – nella gran parte dei casi – come collaboratori coordinati e continuativi. Se l’impegno è inferiore alle diciotto ore settimanali cui sommare l’impegno per manifestazioni sportive, è prevista una presunzione di legge di tale natura. Per impegni superiori, viene consigliato di ricorrere alla certificazione del contratto.

Ad essi spettano la tutela Inail; la copertura previdenziale presso la gestione separata Inps, ma solo sul plafond superiore a 5.000 euro percepito (l’aliquota è del 25%, 24% se hanno una diversa tutela previdenziale, con riduzione del 50% fino al 2027 e con il consueto riparto di 2/3 a carico del committente, 1/3 a carico del collaboratore). Avranno accesso alle tutele Inps relative a malattia, maternità e disoccupazione. Verseranno, infine, l’IRPEF esclusivamente sull’importo che supera i 15.000 euro.

Le semplificazioni per i collaboratori coordinati e continuativi

Chi non percepisce più di 5.000 euro è esonerato dalla comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto e dalla comunicazione mensile all’Inps dei dati retributivi e delle informazioni utili al calcolo dei contributi. Non va emessa, poi, busta paga per chi non supera i 15.000 euro.

I lavoratori dipendenti?

Per questi è previsto un contratto a tempo determinato: al massimo cinque anni, eventualmente prorogabili. Per quanto concerne la tutela previdenziale, è previsto il versamento al Fondo Pensione Sportivi Professionisti (ex Enpals) gestito dall’Inps (33%, di cui il 9,19% a carico del dipendente, a cui si sommano le aliquote minori).

Infine, i collaboratori amministrativo-gestionali, come più sopra accennato, non sono qualificati come lavoratori sportivi ma hanno accesso alle medesime agevolazioni fiscali e previdenziali previste per le collaborazioni coordinate e continuative. Non sono lavoratori sportivi, perciò non opera nei loro riguardi la presunzione della natura di collaborazione coordinata e continuativa per cui sarebbe opportuno certificare i contratti. La presenza di indicatori di subordinazione gerarchica determinerebbe la conversione del rapporto in lavoro subordinato in questo caso a tempo indeterminato.

Due sono le disposizioni di salvaguardia introdotte:

  1. per i rapporti di lavoro sportivo iniziati prima dell’operatività del dlgs 36/2021 e inquadrati come compensi sportivi, non si dà luogo a recupero contributivo;
  2. istruttori, direttori tecnici e altre figure già iscritte al Fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo possono optare, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, per il mantenimento del regime previdenziale già in godimento.

Per ultimo, viene modificato l’elenco di chi – tra gli iscritti nel Registro delle attività sportive dilettantistiche – può assumere la qualifica di organizzazione sportiva: reintrodotte le cooperative sportive vengono, invece, eliminate le società di persone e vengono introdotti gli enti del Terzo settore. Si pone il problema della qualificazione come sportiva della organizzazione che si limita a promuovere attività didattiche sportive – come la ginnastica per la salute e per il fitness – così come dell’organizzazione che si limita alla preparazione degli atleti che partecipano alle manifestazioni agonistiche. Sono attese precisazioni che stabiliscano se a buona parte delle organizzazioni sportive di tale natura sarà preclusa la possibilità di qualificarsi come tali.

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